La sveglia da impostare è per giovedì 19 giugno alle ore 03:00, orario italiano, per assistere, all’incontro di esordio della Juventus, nella prima edizione della Coppa del mondo per club FIFA, contro l’Al Ain FC, formazione degli Emirati Arabi Uniti.
L’incontro si svolgerà nello stadio Audi Field di Washington, che ospita gli incontri del D.C. United, formazione dove dal 2018 al 2020 ha militato un certo Wayne Rooney, 48 presenze e 23 reti.

La compagine araba è stata fondata nel 1968, in quell’anno la Juventus con: Anzolin, Salvadore, Leoncini, Benetti Romeo, Bercellino Giancarlo, Castano, Favalli, Del Sol, Anastasi, Haller, Zigoni, terminava il campionato in quinta posizione.
Nel 1974, quando la Vecchia Signora con: Zoff, Gentile, Cuccureddu, Furino, Morini, Scirea, Damiani, Causio, Anastasi, Capello, Bettega, diventava Campione d’Italia per la sedicesima volta, l’Al-Ain FC si fondeva con la squadra locale dell’Al Tadhamun.
Nel 2003, quando le porte della bacheca bianconera si aprivano per accogliere il ventisettesimo titolo di Campione d’Italia, vinto schierando una formazione stellare: Buffon, Thuram, Ferrara, Montero, Zambrotta, Camoranesi, Tacchinardi, Davids, Nedved, Del Piero, Trezeguet, e la terza Supercoppa italiana, l’Al Ain FC vinceva la sua prima AFC Champions League.
Il viaggio nel tempo, non è casuale, e neanche vuole essere irriverente verso il calcio arabo, che ha fatto passi da gigante per ridurre il gap con il calcio europeo e sudamericano, ma vuole solo farci riflettere come gli equilibri del calcio siano cambiati in questi anni, e in quale direzione stiano planando.
Il movimento calcistico asiatico è molto cresciuto in questi anni, soprattutto negli Emirati Arabi Uniti, dove gli ingenti investimenti finanziari fatti confluire nel calcio, hanno portato per adesso all’ingaggio di giocatori oramai sul viale del tramonto, ma l’arrivo di Simone Inzaghi, ingaggiato dall’Al-Hilal con un contratto biennale da 25 milioni di euro netti a stagione, potrebbe essere l’inizio del sorpasso anche sotto l’aspetto tattico, mentre per quanto riguarda le strutture sportive ed il potere politico, il sorpasso c’e’ già stato.
Ma chi ci assicura che domani in quel campionato non arriveranno anche i top player, con il rischio di trasformare i campionati europei in tornei di secondo piano ?
In questa sorta di universo parallelo con il calcio europeo e sudamericano, il movimento calcistico degli Emirati Arabi Uniti è diventato un nuovo eldorado, dove tutti vanno alla ricerca dell’oro, per questo motivo, il 19 giugno, quando la Juventus si misurerà con l’Al Ain FC, dobbiamo speriamo di non assistere ad un passaggio di consegne anche in termini sportivi.
Sicuramente la formula della Coppa del mondo per club FIFA, pur se affascinante, presenta delle incognite legate alle motivazioni dei calciatori che militano nelle big europee, che probabilmente affronteranno l’impegno con la testa altrove, sapendo che nella prossima stagione potrebbero vestire un’altra casacca.
A mio avviso, la formula più competitiva della Coppa del mondo per club FIFA, resta quella che si disputava negli ’60 e ’70, quando si affrontavano in una finale di andata e ritorno, la squadra vincitrice della Coppa dei Campioni e quella della Coppa Libertadores.
Erano partite tiratissime, con le squadre argentine soprattutto, che trasformavano la doppia sfida in battaglie con il coltello tra i denti, ed in vere e proprie caccia all’uomo.
Per dare la misura di quelle sfide, dobbiamo tornare indietro nel tempo, alla finale di andata che si tenne il 25 settembre 1968 a Buenos Aires, tra gli argentini dell’Estudiantes ed il Manchester United di George Best e Sir Robert Charlton.
Gli argentini scelsero come stadio per la partita d’andata “La Bombonera”, lo stadio del Boca Juniors, la gara fu da subito improntata a colpire l’avversario, con Carlos Bilardo che si rese protagonista di una condotta violenta e pericolosa, Bobby Charlton fu costrtetto ad applicare dei punti di sutura per una ferita alla testa, il tutto in una cornice di pubblico turbolenta.
Nella gara di ritorno che si svolse a Manchester il 16 ottobre 1968, gli argentini continuarono nella loro condotta violenta, ma l’1 a 1 finale, dopo il successo dell’andata per 1 a 0, li vide trionfare nella Coppa Intercontinentale, tra le proteste del pubblico inglese, che con il lancio di monetine, impedì all’Estudiantes di fare il giro del campo.
E come non ricordare l’edizione della Coppa Intercontinentale del 1969, che vide il trionfo dal Milan, che dopo superato per 3 a 0 l’Estudiantes nella gara di andata a Milano l’8 ottobre 1969, si ritrovò in una battaglia senza esclusioni di colpi nella gara di ritorno del 22 ottobre 1969 a Buenos Aires, vinta dagli argentini per 2 a 1.
Il centrocampista Lodetti, raccontò che i giocatori rossoneri al loro ingresso in campo furono accolti dal caffe’ bollente addosso, e Combin usci dal campo con naso e zigomo fratturati.
Anche la Coppa Intercontinentale del 1972, che si giocò ad Avellaneda il 6 settembre 1972 tra l’Independiente e l’Ajax, terminata per 1 a 1, fu contraddistinta da un gioco particolarmente violento da parte degli argentini, che costrinse Cruijff ad uscire, dopo un duro intervento di Mircoli.
Nella partita di ritorno ad Amsterdam il 28 settembre 1972, l’Ajax con un perentorio 3 a 0, fece capire che il calcio era un’altra cosa, e fu quello che portò gli olandesi a disertare la finale dell’anno successivo, quando furono sostituiti proprio dalla Juventus.
Chiaramente oggi sarebbero delle partite difficili da rivedere, grazie anche all’introduzione del VAR, ed una correttezza diversa rispetto a quegli anni.
E’ evidente, che lo svolgimento della manifestazione al termine della stagione, logorante in alcune nazioni come l’Italia, la Spagna e l’Inghilterra, potrebbe far assumere al tornei i contorni di una serie di amichevoli di lusso, e dato il gran numero di partite diventa oggettivamente difficile una collocazione durante la stagione agonistica, quando gli organici sono ormai definiti e le squadre già rodate.
Ma torniamo all’incontro di giovedì contro l’Al-Ain FC, che milita nella Lega professionistica degli Emirati Arabi Uniti, ed ha acquisito il diritto di partecipare al Mondiale per Club, grazie alla vittoria della AFC Champions League nella stagione 2023-2024.
La formazione guidata in panchina dal serbo Vladimir Ivić, avrà motivazioni sicuramente superiori rispetto ai bianconeri, se non altro per la possibilità dei suoi calciatori di mettersi in mostra per i grandi club europei.
Il giocatore più rappresentativo della compagine degli Emirati Arabi e l’attaccante marocchino classe ’96, Soufiane Rahimi, che con la sua nazionale nell’ultimo Torneo Olimpico di calcio a Parigi, ha conquistato la medaglia di bronzo, ed il titolo di capocannoniere, superando per 6 a 0 l’Egitto.
Compito dei bianconeri sarà anche quello di lasciare che la distanza tra un calcio dove i soldi la fanno da padrone, rispetto a quello dove la passione è ancora un valore, sia significativamente distante.
Dopo questo volo nostalgico, nel confronto tra un calcio che vuole bruciare le tappe per diventare il centro del mondo, ed un altro dove storia e passione contano ancora, il titolo dove atterriamo è: NON CI RESTA CHE VINCERE, film del 2018 diretto da Javier Fesser, perché un risultato diverso sarebbe difficile da metabolizzare, viste le differenze tecniche tra le due formazioni.