Il tecnico livornese è abituato a rimonte straordinarie, come quella nella stagione 2015/2016 che ha portato alla conquista finale dello scudetto.
TORINO – Non c’è tanto da preoccuparsi se in panchina hai uno così, capace di prendere in mano le redini di un cavallo imbizzarrito ed accompagnarlo al traguardo con l’unica intenzione di riuscire a mettere il muso più avanti rispetto a tutti gli altri. Filosofia spicciola, semplice pragmatismo o più semplicemente deformazione professionale per uno che mastica ippica da sempre. Come sostiene Nicola Balice nel suo articolo sul Corriere dello sport, questo e tanto altro è Massimiliano Allegri, uno che in carriera è stato capace di rimonte straordinarie, come quella a Cagliari nel 2008/2009: da 0 punti nelle prime 5 giornate al nono posto finale che gli vale il riconoscimento della panchina d’oro. Oppure due anni dopo, nella sua esperienza al Milan: esordio convincente col Lecce e a seguire una sconfitta e due pareggi. I rossoneri alla fine di quella stagione (2010/2011) si aggiudicano lo scudetto, staccando l’Inter di 6 punti. Poi l’approdo alla Juventus in una calda estate del 2014: un anno incredibile il primo sulla panchina bianconera – fra contestazioni e polemiche per l’addio inatteso di Antonio Conte – che culmina con la vittoria del campionato e la conquista della finale di Champions di Berlino. È nella stagione successiva, però, che la magia si compie: dopo un rendimento iniziale altalenante, 10 punti in 12 giornate, la sua squadra vince 24 delle 25 partite successive, riuscendo così a portare a casa il secondo titolo consecutivo. Visti i precedenti l’avvio di quest’anno non deve spaventare più di tanto, soprattutto perché le cinque vittorie consecutive (3 in campionato e 2 in Champions) sembrano aver riportato i bianconeri sul binario giusto. L’ambizione della Juventus non cambia, sempre di corto muso si tornerà a parlare.