L’ex estremo difensore bianconero si racconta davanti ai microfoni della Juventus TV
LE DICHIARAZIONI – Intervenuto ai microfoni di Juventus TV, Gianluigi Buffon ha ripercorso la sua storia con la maglia della Juventus. Un’avventura ricca di gioie e di trionfi. Una storia durata più di 20 anni. Ecco le parole del portiere dal sangue bianconero:
SULLA FINALE DI COPPA ITALIA:
“Un bel finale. Se avessimo perso ci sarebbe stato qualcosa di stonato. Così abbiamo suggellato il fine rapporto con una bellissima vittoria e scene di empatia, amicizia e sentimenti tra me e i miei compagni, tra me e la gente. È stato molto bello“
SUL SUO ADDIO:
“È stato un addio molto sereno. È un qualcosa che avevo già vissuto 3 anni prima e di conseguenza è un deja vu che ti dà già dei punti cardinali a cui aggrapparti per non patire troppo determinate situazioni. L’ho vissuto con naturalezza. Il fatto che io in questi due anni sia tornato lascia nella memoria della gente il fatto che uno se ne può andare ma può anche tornare. La paura della gente è quella di sentirsi abbandonata in certi momenti. Visto che sono tornato c’è anche la serenità di dire: “Dai che magari tra qualche anno Gigi lo ritroviamo tra di noi”. Questo fa digerire tutto in maniera più felice“
SUL SUO ESORDIO:
“Il rito di iniziazione calcistica bianconero l’ho avuto dai miei parenti veneti ma di base non sono mai stato juventino. In tutti questi anno poi lo sono diventato. Ho capito determinate dinamiche, ho fatto miei determinati valori e quindi adesso sono più felice di allora perché sono juventino con coscienza. Ho scelto di essere juventino. L’ho capito e questo è un qualcosa che mi fa piacere. Molti lo diventano per eredità e non se lo domandano neanche se sono contenti di esserlo. Io lo sono diventato e questo è il regalo più bello e più grande. Quella giornata la ricordo, avevo tensione come in finale di Champions. Nemmeno nell’immaginario più felice ed ottimistico avrei pensato di essere nel 2021 ancora alla Juve come portiere. Ci vogliono tante cose per poter fare un percorso simile e non pensavo di poterle avere e di poter mettere nella mia professione una determinazione, una professionalità e una classe del genere. Devo anche dire che secondo me questa carriera così lunga sono riuscito a farla perché sono stato permeato del DNA e valore della Juve: lavoro, professionalità di volersi migliorare. Questi valori hanno fatto la differenza“
SULL’ ORGOGLIO :
“Non c’è un qualcosa di specifico. La Serie B non è stata una penitenza. L’ho fatto di botto e senza pensarci troppo sono sceso. Le cose le faccio in maniera istintiva, magari a volte sbaglio ma ho quelle sensazioni animalesche che mi fanno capire ciò che è giusto per me“
PIÙ FORTE DELLA STORIA:
“La cosa vera è che non ho mai pensato a questa etichetta. Mi fa piacere sentire la stima della gente, è innegabile. Per certi versi è anche una conferma che tu hai e ti fa capire che sei sulla strada giusta. Anche il giudizio degli altri, se lo reputi onesto aiuta. Non mi piace fare questo discorso perché il calcio è cambiato tantissimo ed è più difficile di altre epoche ma ci sono anche strumenti che prima non c’erano e che non permettevano ai giocatori di esprimere il massimo. Credo che nel calcio ci siano veramente tante icone e voler per forza trovare il più bravo non ha senso. È una cosa che trovo poco sportiva. Ci sono delle icone e le icone rimangono tali. Anche quando parlano di Pelé, Messi, Maradona, Cristiano… Perché bisogna trovare il migliore? Sono stati straordinari, accontentiamoci di questo. Questa cosa mi sta sul c***o in ambito sportivo“
GOL:
“Quando ho detto che non esistono gol imparabili, era un’iperbole. Però se io rivedessi tutti i gol presi, su quasi tutti avrei da ridire e direi: “Questo potevo non prenderlo”. La prima cosa che conta nella vita se vuoi migliorare è quella di essere autocritico. Ho avuto questo insegnamento da mio padre. Lui intravedeva quello che ero io. Essendo stato sportivo era critico con tutti. Se ho fatto quello che ho fatto è sicuramente perché ho sempre cercato la perfezione, sapendo che non ci sarei mai riuscito ma sapendo che ci sarei potuto andar vicino. Più vicino ci vai, più performi“
SUL MOMENTO PIÙ FELICE :
“A Trieste. Quando abbiamo vinto il primo scudetto con Conte. Era la chiusura di un cerchio, dava forza alle scelte che avevo fatto come giocatore. Abbiamo fatto un ciclo incredibile ma alla fine spesso pensavo: “Nel 2006 sarei potuto andare in ogni squadra ma ho sposato questa causa perché ci credevo”. Sei anni non sono mica facili. Ogni tanto qualche assillo e qualche pensiero mi era venuto. La verità è che però coltivo sempre una fede, una serenità che mi dice: “Comportati bene, fai le cose in maniera corretta che la vita ti ridà tutto anche in eccesso”. È stato così. Ho sofferto tanto per sei anni. Ero il portiere di riferimento e sono stato lontano dall’Europa per 3 anni. Però era quello in cui credevo“
SULLA CARRIERA :
“Penso di aver fatto abbastanza in carriera. Quello che conta è il discorso esistenziale e io sono un persona che sa di dover migliorare ancora alcune cose, ma sono contento di come sono venuto fuori come uomo in questi 20 anni“