Ligure di nascita, un’esperienza di oltre due anni in Cina presso la Shanghai Qi Lin Fc come coordinatore tecnico del Milan Junior Camp e del Milan Junior Academy, poi il Brasile dove vive dal 2011. Prima osservatore tecnico presso il Coritiba Fc, squadra di serie A brasiliana, poi collaboratore nello staff tecnico di Rogerio Micale al Paranà Fc, Luca Casarino è un professionista del mondo del pallone del quale è acuto e appassionato conoscitore. Noi di Mondobianconero.com l’abbiamo intervistato in esclusiva per voi.
Come sta andando? Cosa fai attualmente?
“In questo momento sono fermo perché ho avuto un problema con la società per la quale lavoro, il Paranà Clube, una squadra che purtroppo l’anno scorso è retrocessa dalla serie B alla serie C. Io sono arrivato negli ultimi mesi di campionato perché era subentrato come allenatore Rogerio Micale, allenatore che ha vinto le Olimpiadi con la Nazionale brasiliana, che mi ha invitato per entrare nel suo staff tecnico. Micale è andato via dopo venti giorni perché ha ricevuto una proposta dagli Emirati Arabi (dell’Al-Hilal n.d.r.) e noi siamo rimasti là”
Come mai la scelta del Brasile?
“Viene da un periodo molto indietro con gli anni. Da ragazzino ho sempre avuto la passione del Brasile e mi ero innamorato del Flamengo di Zico. Ho lavorato quattro anni al Milan nella parte di coordinazione tecnica delle Milan Academy in giro per il mondo e nel momento in cui sono stato mandato in Brasile per alcuni eventi ho deciso di rimanerci. Anche perché il mio obiettivo è fare la carriera di allenatore o di continuare nella direzione dei settori giovanili. Al Milan è stata una bellissima esperienza però era limitata a fare un tipo di lavoro che comportava spostamenti ogni sei mesi e non vedevo una prospettiva di crescita professionale per esempio nello staff della Primavera. In un certo senso mi sono ritrovato un po’ chiuso da ex calciatori che sono diventati immediatamente allenatori, come nel caso della Juventus, senza magari avere nemmeno le basi per poterlo fare”
Quindi a tuo parere Pirlo non avrebbe dovuto accettare una panchina così prestigiosa? Avrebbe fatto meglio a declinare l’offerta della Juventus?
“Secondo me Pirlo sta pagando l’inesperienza. Anzi ti dirò che sta facendo esperienza con la Juventus. Io penso che al momento della scelta di prendere un allenatore esordiente siano state comunque messe in conto queste cose, che Pirlo soprattutto il primo anno avrebbe potuto avere dei problemi. Accettare la panchina bianconera non è stato assolutamente un errore. Quando tu vuoi fare la carriera di allenatore sai benissimo che un treno come la Juve può passare una volta sola nella vita e a volte nemmeno passa. Parlare dal di fuori è facile, io avrei accettato. Pirlo come allenatore ha fatto come a poker, ha fatto All-in. Purtroppo in questo momento le cose negative sono maggiori rispetto a quelle positive”
Capitolo Arthùr. Ci si aspettava di più dal centrocampista brasiliano. L’errore con il Benevento lo ha messo in seria discussione. Un allenatore come Scolari aveva messo in guardia sulle sue caratteristiche. L’ex ct della Selecao aveva parlato di lui non come un regista, non è un giocatore che ha il lancio di 40 metri. Tu cosa puoi dirci? Lo seguivi? E’ stato utilizzato fuori ruolo finora alla Juventus?
“Arthùr lo conosco dai tempi del Gremio. Era stato il miglior centrocampista del campionato brasiliano l’anno che poi è andato al Barcellona. Ed era stato uno dei protagonisti della Coppa Libertadores. Dipende cosa si intende per regista. Se intendiamo un regista alla Pirlo, Arthùr non c’entra nulla. Ma il regista non è solo quello. Diciamo che il play basso in Brasile, il classico numero 5, è quello che detta i tempi del gioco. E questi dipendono anche dal tipo di gioco della squadra. Se tu operi il fraseggio nel corto Arthùr va bene, se hai dei tempi di gioco dettato da palle lunghe, lanci e aperture di campo l’ex Barcellona non va bene. E’ più una mezz’ala tattica. Non è nemmeno una mezz’ala pura. E’ molto al di sotto dell’Arthùr che conosco io e che possiamo vedere in Nazionale. Al Gremio e in Nazionale giocava solitamente col 4-2-3-1 come uno dei due centrocampisti. Ed era quello con più libertà di movimento. Forse c’è qualcosa in più che noi non sappiamo. Non so se è una questione di ambientamento o di tipo di gioco”
O di carattere
“Uscendo dal Brasile, molte volte i giocatori si perdono. Il giocatore brasiliano è un po’ particolare. In passato Arthùr aveva avuto qualche problema extracalcistico. Ora sembrerebbe migliorato. Io sono sorpreso purtroppo in negativo da Arthùr perché per lui ho speso sempre parole belle e, quando in altre occasioni mi chiedevano un parere sul giocatore, ho sempre detto che speravo che un grande club come la Juve avesse la pazienza e la voglia di aspettarlo perché ha qualità tecniche straordinarie”
Secondo te i grandi club hanno poca pazienza nell’aspettare i calciatori brasiliani o più in generale i nuovi arrivati?
“Su Arthùr non credo siano stati fatti errori in questo senso. In passato, per quello che ho visto e ho vissuto io, i brasiliani devi prenderli come sono. Sono molto umorali. Non sempre hanno equilibrio nelle emozioni. Amano la vita mondana e questo per un atleta non è il massimo. Sento molto spesso dire che i brasiliani si muovono in campo come se ballassero la samba. Questa cosa da un lato può essere positiva, dall’altra può essere un problema per ricondurre il tutto agli schemi e al campo”
A detta di molti addetti ai lavori il Brasile non riesce più negli ultimi anni a sfornare quei profili di calciatori di primo piano che poi possano affermarsi in Europa. Penso ad esempio al Kakà al Milan, al Maicon dell’Inter. Forse Neymar è un’eccezione nell’ultimo decennio. Che idea ti sei fatto?
“Si, un calo c’è stato perché qui stanno commettendo un grave errore. Loro sono rimasti scottati dall’eliminazione ai Mondiali del 2014. Stanno cercando di europeizzarsi. Nel senso che vogliono importare una determinata cultura calcistica che qui non c’è e non può avere grossi sviluppi. Così si rischia di lasciare da parte quelle che sono le caratteristiche migliori dei calciatori brasiliani. Vogliono portare qui un modello spagnolo o tedesco ma non vogliono farlo attraverso gli allenatori e gli altri addetti ai lavori esteri che facciano un determinato tipo di lavoro. Pretendono di farlo loro, con esiti non brillanti. Il brasiliano non deve snaturarsi, è talento pure. E lo puoi vedere anche per strada. E’ questo il pregio del Brasile”
C’è secondo te un allenatore che più di altri è riuscito a far esprimere al meglio questi talenti non solo brasiliani ma più in generale i calciatori di maggiore classe?
“Io sono un grande estimatore di Marcelo Bielsa. Per me è il calcio. Quando analizzo le cose cerco di andare oltre il semplice risultato. Intendo dire l’eredità che un allenatore lascia alla squadra quando va via. E l’eredità che Bielsa ha lasciato è sempre un gran numero di giocatori valorizzati e poi messi sul mercato a cifre importanti. Ti faccio l’esempio di Batistuta. In un’intervista di quattro o cinque anni fa a una tv argentina quando il giornalista ha toccato il tasto Bielsa, gli sono venute le lacrime agli occhi perché se Batistuta è stato ciò che è stato è grazie a lui. E’ una personalità forte Bielsa, con il suo carattere. E’ di quelli che non le manda troppo a dire. Un altro è Allegri. Quando sento dire che non ha dato gioco alla Juventus resto basito. Il gioco non è una questione stilistica. Per me la squadra ha un bel gioco quando in una partita crea tanto, tante occasioni. Non perché faccia dei ghirigori in campo. Capisco il tifoso bianconero amareggiato perché il tecnico non è riuscito a vincere quella Coppa. Ma la Champions è una competizione strana. Non è un campionato, non vince quello che ha più continuità ma quello che in quel preciso momento si dimostra migliore. Sul ritorno di Allegri posso dire che le minestre riscaldate non mi piacciono tanto. Ci sono però delle eccezioni che, invece, dimostrano che i ritorni a volte possono funzionare. In questo momento uno come Allegri darebbe molto più equilibrio non tanto in campo, quanto proprio all’ambiente Juventus in generale. Tornando al problema della scoperta dei talenti brasiliani c’è anche da dire un’altra cosa”
Prego…
“La questione può essere più ampia. Perché le squadre italiane non hanno osservatori fissi in Sudamerica? E’ difficile procurare giocatori se non hai persone che vivono quotidianamente la realtà brasiliana. Tante società si affidano ad agenzia di procura che facciano il lavoro al posto delle società. E sai benissimo che lì ci sono altri interessi che vanno al di là della qualità del calciatore. Poi non possiamo lamentarci se il giocatore che arriva non si rivela all’altezza o non si rivela essere niente di più rispetto a profili che puoi individuare in Italia o in Europa. La squadra europea più forte come scouting qui in Brasile è lo Shaktar Donetsk. Ha 5 sedi sociali, 5 uffici in tutto il Brasile per poter controllare il mercato. Poi c’è il Manchester United che a volte manda qualcuno. Subito dopo viene l’Arsenal o alcuni club tedeschi. Di club italiani non ce ne sono”
Da osservatore ci fai qualche nome di talenti brasiliani di cui sentiremo parlare? Ci sono secondo te ragazzi pronti per affrontare un’esperienza europea ad alti livelli?
“Dirti che in questo momento c’è un giocatore come poteva essere anni fa un Neymar che viene e si afferma al 100% è molto difficile. Il livello è sceso. Ma ci sono dei giocatori molto interessanti come Gabriel Veron, attaccante del Palmeiras. Un bel prospetto è Talles Magno, del Vasco da Gama secondo me molto valido. Tempo fa, quando lavoravo al Coritiba, segnalai a degli agenti italiani senza poi avere un ritorno, un bel talento dell’Under 15, terzino destro, Yan Couto (tesserato dal Manchester City e attualmente in prestito al Girona in Seconda divisione spagnola n.d.r.). Stiamo parlando di un terzino destro classe 2002”
Argomento scudetto. L’Inter è davanti. Discorso chiuso?
“Secondo me sì. Lo può perdere soltanto l’Inter. Da tifoso milanista sono dispiaciuto. Anche quando eravamo davanti ho pensato la stessa cosa. Il Milan in questo momento non è strutturato per poter vincere un campionato, poi se a 5 o 6 giornate dalla fine riusciamo ad essere in scia uno può anche sperarci. Nel calcio abbiamo visto di tutto: la stessa Inter nella sua storia si è fatta male da sola. Però la vedo molto difficile”
Per la lotta Champions, invece, il Milan ha accumulato un buon distacco dalle altre. La Juventus rischia di rimanere fuori?
“Ho sempre pensato che la Juventus sarebbe arrivata nelle prime quattro. In questo momento qualche dubbio mi viene. I bianconeri non riescono ad avere un minimo di continuità. La classifica è abbastanza corta, se perdi una perdita ti metti di nuovo in una situazione critica. Penso che la Juve si qualifichi avendo degli scontri diretti in casa dei quali può approfittare. Vedo Milan, Juventus, Lazio e Napoli più che Atalanta. Il Napoli sta tornando”
Ti sembra più solida la squadra di Gattuso?
“Mi sembra che da quando ha recuperato i giocatori indisponibili sta riprendendo la marcia e sta facendo punti. Le ultime due settimane ha fatto due vittorie pesanti fuori casa contro Roma e Milan. E a breve c’è il recupero con la Juve…”
Vedi un futuro di Ronaldo lontano dalla Juve?
“Conoscendo Ronaldo e come vive il calcio mi verrebbe da dire che va via dopo una stagione nella quale non ha portato a casa i trofei maggiori: dalla Champions è stato eliminato e lo scudetto è sta sfumando. Il problema è capire dove può andare. Non ci sono tante squadre che si possono permettere Cristiano Ronaldo. A Madrid credo abbiano altri piani. C’è Parigi però l’ingresso al Psg di CR7 comporta l’uscita di uno tra Neymar e Mbappè. Facendo queste considerazioni si può pensare che rimanga. Poi il mercato durante la pandemia si farà per occasioni e magari muovendo Ronaldo la Juventus avrebbe quella liquidità necessaria per rinforzare la squadra laddove è carente. Per esempio un difensore centrale, due terzini… Ce n’è di lavoro per Paratici”
Si ringrazia Luca Casarino per la cortesia e la disponibilità dimostrata in occasione della piacevole chiacchierata.