Da Maestro a imputato: la disastrosa eliminazione dalla Champions League ad opera del Porto getta ombre sul futuro di Andrea Pirlo sulla panchina bianconera. Che strada sceglierà la Juventus?
SE TANTO MI DA’ TANTO – Il calcio è un gioco semplice. Due anni fa, la Juventus salutava Massimiliano Allegri. “Ciclo finito”, si disse all’epoca. L’anno scorso, Maurizio Sarri ha lasciato la panchina bianconera, colpa di una alchimia mai scattata con l’ambiente torinese. Eppure, al di là di queste innegabili motivazioni, è impossibile non ricondurre i cambi di guardia bianconeri alle sconfitte contro rispettivamente Ajax e Lione e all’ossessione mai appagata della Coppa dalle grandi orecchie.
Il calcio è un gioco semplice. Per questo, dopo la delusione europea e l’eliminazione rimediata agli ottavi – per molti versi la peggiore degli ultimi anni perché arrivata contro una squadra nettamente meno forte sulla carta e che per giunta ha giocato buona parte della gara di ritorno in inferiorità numerica – è impossibile non porsi domande sul futuro di Andrea Pirlo.
VINCERE E’ L’UNICA COSA CHE CONTA – Il DNA bianconero parla chiaro: vincere, vincere e vincere ancora. Risultati alla mano, Pirlo ha fatto peggio dei predecessori. Dagli errori (tanti) ai passi falsi (troppi) passando per una squadra che non ha mai davvero convinto. Addio scontato, dunque? Rabbia e istinto post delusione suggerirebbero di fare tabula rasa del progetto del Maestro e ripartire con un nuovo tecnico. Affidare la panchina ad un esordiente è stato un errore, verrebbe da dire a caldo. In questa equazione però c’è un ma.
CREDERE NELLE PROPRIE SCELTE – Alzi la mano: chi chiederebbe ad un giovane appena aggregato dalla primavera un campionato da top player? Nessuno, probabilmente. “Ha bisogno di tempo”, si direbbe. “Diventerà un campione”. Ecco perché il giudizio della stagione di Pirlo non può essere alla pari di quello di Allegri o Sarri. Da un lato, allenatori affermati e esperienza da vendere in panchina, dall’altra una giovane promessa. La società al momento sembra sposare questa linea ed essere intenzionata a confermare la fiducia ad Andrea. Una scelta che sembrerebbe voler dire: questa estate eravamo consapevoli che sarebbe potuta scaturire un’annata come questa, sappiamo di essere una squadra in costruzione e i risultati per questo non cambiano le carte in tavola sul futuro. Un rischio calcolato, insomma…una stagione (potenzialmente mezza, visto che lo scudetto è ancora una battaglia aperta) sacrificata all’altare della crescita per un futuro nuovamente da protagonisti con un maestro della panchina costruito in casa. Una scelta condivisibile, a patto che da Pirlo l’analisi si sposti su altre componenti. Una cosa sembra mettere tutti d’accordo: tre allenatori in tre anni raccontano che il problema europeo della Juventus va ben oltre la panchina – basti pensare all’atteggiamento, o ad una rosa forte sulla carta ma mai davvero completa, o ai tanti singoli a disposizione che spesso hanno però fatto fatica a diventare squadra. Ma, tornando a Pirlo, e alle fisiologiche difficoltà che si attraversano in qualsiasi fase di rivoluzione, anche in questa equazione c’è un però…
DNA O RAGIONE? – In Italia si corre. Alla Juventus più che in qualunque altro posto. Il tempo è una concessione che raramente viene regalata. La scommessa fatta in estate e la stima nel potenziale di Pirlo basteranno a reggere la pressione della mancanza di vittorie e dell’ennesima delusione europa? Eccola, la domanda che ci porteremo sino a fine campionato. Di sicuro, una rimonta e il decimo campionato consecutivo darebbero una grossa mano alla causa.