Andiamo ad analizzare le peculiarità tattiche della ‘Roja’
ROJA – Una semifinale che vale la storia, sia in negativo che in positivo: Italia – Spagna potrebbe portare la nostra nazionale ad una finale ufficiale che manca da Euro 2012, oppure portare la ‘Roja‘ al riscatto dopo le deludenti apparizioni a Euro 2016 e Russia 2018. La squadra di Luis Enrique ha disputato un torneo non esaltante, ma comunque solido e deciso, che ha portato le furie rosse a questa semifinale. Tanti i gol subiti dalla selezione iberica che non ha comunque perso nemmeno un match di questo Euro 2020, dimostrando grande facilità a scardinare le difese avversarie (Svezia a parte). Andiamo ad analizzare i principi della Spagna più insolita (tatticamente parlando) degli ultimi anni.
ANALOGIE – Il punto in comune tra la Spagna odierna e quella dei successi di Aragones e Del Bosque è sicuramente l’atteggiamento messo in campo. La squadra ha un baricentro molto alto, in modo da stanare le squadre avversarie grazie ad un pressing unitario in fase di non possesso e di portare palla quanto più vicino alla porta avversaria. I due difensori centrali giocano stabilmente a ridosso della linea di metà campo, lasciando campo agli esterni bassi che formano una linea a 3 con il regista (Sergio Busquets). A quel punto, la linea offensiva non è più formata dai tre d’attacco, ma anche dalle due mezze ali costantemente a supporto del reparto offensivo. Gli esterni d’attacco tendono ad accentrarsi, liberando le corsie per Azpilicueta e Jordi Alba, pronti a sovrapporsi costantemente e obbligare gli avversari al raddoppio. Se la punta centrale è Gerard Moreno, gli iberici cercano di appoggiarsi su di lui che, da spalle alla porta, tenta la combinazione stretta coi compagni a supporto, mentre se in attacco gioca Alvaro Morata, le furie rosse tentano di imbeccare la profondità che riesce a crearsi il numero 9 della Juventus. Altra caratteristica simile rispetto alla Spagna del passato è l’aggressione forsennata sul portatore di palla: l’obiettivo di squadra è recuperare il pallone più velocemente possibile, meglio se in zona offensiva.
DIFFERENZE – La caratteristica predominante della Spagna che dal 2008 fino al 2012 ha dominato la scena europea e mondiale è stata sicuramente quella del ‘tiki-taka‘: scambi rapidi, corti e palla a terra, volti allo sfiancamento dell’avversario. Si sa, far correre il pallone è meno dispendioso del correre a vuoto alla ricerca del pallone. Tuttavia, Luis Enrique non è esattamente un cultore del tiki-taka, nonostante sia cresciuto da allenatore nel Barcellona. Nonostante la squadra tende ad impostare con i due difensori centrali, proprio come nel gioco di Guardiolana memoria, le furie rosse cercano spesso il cambio gioco verso il lato debole della squadra che ha di fronte, in modo da muovere l’avversario da un lato all’altro del campo e sfruttare gli spazi lasciati dal movimento ad accorciare. Una volta portato il gioco sull’esterno, la qualità dei vari Ferran Torres e Dani Olmo viene fuori: a loro il compito di puntare e creare scompiglio. Meno tic-tac, ma più concretezza davanti, senza rinunciare alla fantasia: questo il mantra di casa Luis Enrique.