Le parole dell’ex centrocampista bianconero, sui prossimi impegni della Juventus
LE DICHIARAZIONI – Intervistato ai microfoni di Tuttosport, Claudio Marchisio, eterna leggenda bianconera, parla in merito alla rosa della Juventus e ai suoi prossimi impegni. Queste le sue parole.
Un giocatore che sembra incarnare lo spirito del gruppo italiano della Juventus è Federico Chiesa. Cosa ne pensa?
Vero. Lui è già molto determinante. Ha qualità fisiche straripanti. Quando parte è micidiale. L’anno scorso mi divertiva vedere come Ronaldo la desse subito a lui, che riusciva a portare la palla molto velocemente in area. Era come se gli dicesse: vai avanti, che io arrivo con più calma per concludere. E spesso, effettivamente, Federico portava il pallone fino all’area avversaria. Deve però migliorare nella visione di gioco. Non tiene ancora il campo nel modo giusto, nelle partite difficili, preparate bene dagli avversari che magari sono a specchio. Non riesce a trovare la sua posizione, ma ha il tempo e la determinazione per imparare. Anche da Chiellini
Si fida della maturazione di Kean?
Sì, l’ho visto più determinato e concentrato. La mancata convocazione all’Europeo è stata una bella scoppola e il ritorno alla Juventus per lui è la grande occasione, non credo che la sciuperà. E’ uno che ha fisicità e scatto, vede la porta, forse non è tanto prima punta. E’ una stagione chiave per lui, conto sulla sua voglia di riscatto
Conta anche su Morata?
Certo! E’ uno che segna sempre gol pesanti. Anche lui, tuttavia, si trova davanti a una stagione nella quale cambiare definitivamente marcia. Trovare la continuità che spesso gli è mancata, mostrare più cattiveria agonistica nel corso della stagione. E’ arrivato a un’età nella quale un grande campione inizia il periodo migliore, quello che poi rimane nella storia. Deve esserne consapevole e sfoderare l’annata migliore della sua carriera
Una storia che vale anche per Dybala?
Certo, molte responsabilità ricadranno su Paulo, inevitabilmente. E lui lo sa
Lo hai sentito ultimamente?
Sì, ci sentiamo ogni tanto. Ho capito che lui è perfettamente consapevole di cosa lo aspetta. E si sente in debito nei confronti della Juventus per la scorsa stagione. Deve essere l’anno in cui diventa affidabile
Cristiano Ronaldo è a Manchester: cosa perde la Juve, più o meno, lo sappiamo tutti. Cosa può guadagnare, se c’è qualcosa da guadagnare?
Dipende molto dal progetto di Allegri perché, senza CR7, perdi tanti gol e un giocatore di spessore davanti. Adesso cambia e forse ci sarà un po’ di equilibrio maggiore in tutti i reparti. E davanti devono sentirsi più responsabilizzati per sopperire ai 35 gol, per quanto devono incrementare la quota gol anche i centrocampisti. L’Inter insegna che lo scudetto si vince anche con i gol che arrivano da lì: Barella, Brozovic, Eriksen hanno segnato gol pesanti nel finale di stagione
L’8 settembre 2011, dieci anni fa, si inaugurava l’Allianz Stadium. E’ lo stadio della sua vita?
Quella notte me la ricorderò per sempre. Non giocavo l’amichevole con il Notts County perché chi giocava tre giorni dopo la prima di campionato con il Parma era in panchina. E le panchine erano, come sappiamo bene, incastonate nelle tribune. Per cui ho vissuto quella sera come un tifoso della Juventus che vede il nuovo stadio. E mi sono emozionato. E’ stata una serata magica, venivamo da un periodo brutto, da due settimi posti, ma quella sera tutto si azzerava, ci sentivamo grandi. Quella sera ha avuto un effetto nella stagione del primo scudetto di Conte, così come lo Stadium
Di recente sembra essersi molto raffreddato.
Un male, perché nei primi anni del ciclo fu il dodicesimo uomo nel vero senso della parola. Era stato un fattore decisivo nella vittoria finale. Ora, che la squadra deve iniziare un nuovo ciclo, sarebbe importante che i tifosi capissero quanto possono essere importanti nel lanciare questa squadra e i giovani in particolare. Nelle notti di campionato e di Champions
A proposito di Champions, la Juventus va nella “sua” San Pietroburgo.
Bella partita, di ricordi e di emozione. Anche se sono stato solo un anno allo Zenit, resto molto legato al club e ai miei ex compagni. Me la sentivo quasi. E’ una sensazione particolare, ma bella
Rischi per la Juve?
Non il freddo. Con lo stadio coperto e climatizzato a 18 gradi costanti non c’è il rischio del gelo russo. Per il resto lo Zenit è una bella squadra, solida, anche se il livello tecnico è inferiore a quello della Juventus. Hanno nuovi sudamericani. E’ una squadra che ha buona qualità, non eccelsa, ma buona. In compenso hanno grande fisicità e poi l’ariete Dzyuba, un giocatore fondamentale per loro, perché è un attaccante forte fisicamente, efficace non solo come finalizzatole ma anche come boa di salvataggio, perché nelle difficoltà le riesce a prendere tutte lui. E’ un centravanti atipico, perché fa molti assist, spesso per Azmoun, l’altro attaccante, più veloce e scattante, e in generale è sempre pronto a dare una mano alla squadra. Il gioco passa moltissimo da lui
Non è una avversario facile, insomma.
Per nulla. Quello della Juventus è un girone non facile, poi la superiorità tecnica è evidente
L’Europeo vissuto da opinionista: com’è stato? Vivere dalla tribuna emozioni che si erano vissute in campo, magari proprio negli stadi di quelle partite.
La partenza da commentatore fu ad Amsterdam con l’Olanda, nelle qualificazioni, e rientrare in uno stadio senza pubblico, sentire le grida dei miei compagni in campo era stato brutto. Quasi da non provare emozione per una partita di calcio. Poi è stato un crescendo e quando all’inaugurazione prima di Italia-Turchia ho sentito l’Olimpico cantare l’inno mi sono commosso. Erano solo quindicimila, ma sembrava il Maracanà pieno con 100mila spettatori. All’inizio era stato drammatico, vedere il mio mondo in stato di coma, poi l’apoteosi della finale, un cerchio che si è chiuso in modo meraviglioso
Ha parlato con Chiellini in quei giorni?
Una sera prima delle semifinale sono andato in albergo. E l’ho visto sereno. Aveva il volto di uno che non sentiva nessuna pressione. La faccia che diceva: “Ci siamo, tranquillo, ci siamo e vinciamo”. Quando senti che stai bene, senti che la porti a casa. L’unico momento difficile, per me, è stata la partita con l’Austria: lì eravamo cotti, se non ci salvava il Var su quel gol eravamo fuori. Ma superato quell’ostacolo, il gruppo aveva ritrovato smalto e consapevolezza e il finale è stato un’apoteosi