Il “corto muso” del tecnico toscano è finito sulla Treccani, la più importante enciclopedia italiana. Il concetto importato dall’ippica è stato ormai sdoganato in ogni ambito, da quello sportivo a quello politico.
PENSIERI E PAROLE – Più di una metafora, più di un’immagine, più di un esempio, più di un’ipotiposi. Il corto muso è più di tutto questo, è un modus vivendi: è il concetto chiave di una filosofia precisa, basata sul successo di misura, risicato, anche sofferto. L’inventore indiretto di questo neologismo (per i non addetti ai lavori lo è) è Massimiliano Allegri, che in tempi non sospetti – era il 13 aprile 2019 – spiegò un concetto apparentemente semplice e banale in conferenza stampa: per vincere basta mettere il ‘musetto’ davanti a tutti; lapalissiano. Il riferimento è ovviamente alle corse dei cavalli e al modo di stabilire il vincitore attraverso l’uso del fotofinish. Il cavallo che ha il muso anche solo un centimetro più avanti rispetto a tutti gli altri vince e gli altri di conseguenza sono tutti perdenti. Il tecnico livornese ha cesellato la sua forma mentis fra l’ippica, il campo e gli insegnamenti del suo mentore, Giovanni Galeone, attingendo indistintamente da ognuna delle sue fonti.
LA NASCITA DEL CONCETTO – Il cortomusismo, dunque, nasce due anni fa, nella conferenza post partita di uno Spal–Juventus. I bianconeri in quell’occasione uscirono sconfitti dal Mazza di Ferrara, dopo essere andati in vantaggio con Moise Kean, allora alla prima esperienza ‘tra i grandi’ con la Vecchia Signora. Era la trentaduesima giornata e la squadra di Allegri aveva pressoché ormai ipotecato lo scudetto. Il tecnico livornese, per rispondere alle domande dei giornalisti sul rischio di perdere punti importanti nella lotta scudetto, tirò fuori dal cilindro la metafora perfetta: per vincere uno scudetto non c’è bisogno di ottenere 10 o 20 punti di distacco dalla seconda, ne basta uno soltanto. Ecco, questa è la scaturigine del concetto.
OLTRE IL CALCIO – Tale concetto non poteva rimanere relegato all’ambito sportivo e infatti ormai è talmente inflazionato da toccare tutti gli ambiti della vita sociale. Stessa sorte del “sarrismo”, coniato qualche anno fa in onore della bellezza del gioco del Napoli di Maurizio Sarri. La Toscana, si sa, è terra fertile, dal cui humus nascono poeti, onomaturghi e grandi allenatori. Non solo Dante, ma anche Allegri adesso ha un credito nei confronti della lingua italiana.