La sconfitta contro la Macedonia del Nord ha condannato l’Italia a un altro Mondiale da spettatrice. E quel parallelismo con la Juventus…
DELUSIONE – Anche a freddo, la seconda mancata partecipazione consecutiva al Mondiale dell’Italia fa male. Anzi, con ogni probabilità fa ancora più male, perchè cresce la consapevolezza dell’occasione persa e della coscienza che, di nuovo, la nostra Coppa del Mondo sarà vissuta in una condizione di impassibile neutralità. Si ragiona sul fatto che per molti, tra cui i bianconeri Leonardo Bonucci e Giorgio Chiellini, questa avrebbe dovuto essere la passerella finale di una carriera ricca di successi, mentre per altri sarebbe stata la vetrina più che meritata dopo le notti magiche dell’Europeo. Eppure, eccoci qui a commentare l’ennesimo fallimento del movimento azzurro, soltanto mascherato dal trionfo di Wembley di 8 mesi fa, che aveva apparentemente nascosto sotto il tappeto la polvere del nostro calcio.
PARAGONE – Coincidenza o meno, la sconfitta del Renzo Barbera di Palermo contro la Macedonia del Nord, assomiglia molto a quella subita dalla Juventus in casa contro il Villarreal. Entrambe favorite alla vigilia – seppure la bilancia della qualificazione pendeva in maniera diversa nel caso bianconero – entrambe punite alla prima occasione dall’avversario nonostante una partita controllata per larghissimi tratti. Quello che risalta subito, in questo parallelo, è la mancata cattiveria sotto porta: 15 i tiri che la squadra di Massimiliano Allegri realizzò la sera del 16 marzo, mentre ieri sera sono stati addirittura 35. In entrambi i casi, soltanto 5 verso la porta, una sterilità che non può che essere uno dei fattori principali dell’eliminazione. Ma, purtroppo, le cause non si fermano a questo dato.
CORAGGIO – Manca coraggio. E non solo in campo, dove in entrambe le situazioni molti giocatori non si sono presi la responsabilità di creare l’occasione da gol. Manca coraggio nelle fondamenta, nel non lanciare giovani che meriterebbero probabilmente di più rispetto a molti altri che, invece, il campo lo vedono spesso. E’ un circolo vizioso, che colpisce prima i club e la cui onda d’urto si infrange contro la nostra Nazionale, che anche ieri sera – con l’eccezione di pochi – si è affidata a giocatori in là con gli anni e con un inevitabile debito d’ossigeno, a causa di una stagione ricca di impegni che altro non può aver fatto se non influenzarne la condizione fisica. C’è stata anche un po’ di presunzione nel trovarsi di fronte un avversario non di pari livello, ma anche qui c’è un parallelismo tra le due situazioni: la Juventus è uscita per la terza volta di fila contro un avversario sulla carta inferiore, mentre gli Azzurri di Roberto Mancini, dopo essere arrivati secondi in un girone di certo alla portata, si sono trovati in una sfida da dentro o fuori da favoriti e hanno subito l’upset – come succede nella March Madness del torneo NCAA di basket dei college statunitensi – ripetendo il dramma del novembre 2017 contro la Svezia.
PROGETTO – Massimiliano Allegri e Roberto Mancini hanno un destino comune. Entrambi sono stati chiamati per un progetto a lungo termine che nè l’eliminazione dalla Champions League, nè la mancata partecipazione al Mondiale in Qatar dovrebbero mettere a rischio. Gabriele Gravina ha confermato la fiducia al tecnico di Jesi, anche se c’è da capire se arriveranno o meno le dimissioni. Andrea Agnelli è al 100% convinto dell’allenatore livornese, con cui da anni mantiene un bellissimo rapporto di amicizia. Quello che è certo è che si parla di progetto pluriennali, che per forza di cose devono passare anche da questi momenti per arrivare al successo. L’eliminazione dell’Italia è però un disastro senza precedenti, la Caporetto del nostro calcio: ecco perchè il percorso del Mancio potrebbe non arrivare alla sua conclusione naturale. Non resta che aspettare e avere fiducia. Arriveranno tempi migliori, torneranno le notti magiche. Adesso c’è bisogno di mettersi alle spalle quelle tragiche.