Quella vista nelle prime giornate di campionato e di Champions League è una Juventus meno individualista, ma che segue una precisa unità d’intenti.
SOLITARIO – Non c’è più Cristiano Ronaldo, l’uomo che da solo poteva decidere le sorti di una partita o di una stagione. Non c’è più l’accentratore, colui che calamitava tutti i palloni che vagavano nei pressi dell’aria di rigore. Con l’addio del portoghese è andata scemando la spinta individualista che stava portando alla deriva della squadra: priva di gioco, priva d’identità e con risultati che sembravano il frutto di una vera e propria eterogenesi dei fini. Non un obiettivo unico, ma diversi obiettivi personali che soltanto secondariamente – e di riflesso – avrebbero contribuito al raggiungimento del vero telos. Un primo posto conquistato a fatica due anni fa e un quarto posto risicatissimo, raggiunto all’ultima giornata dello scorso campionato. Sono questi i numeri impietosi della Juventus ‘ronaldiana’.
TUTTI UNITI – Con il ritorno di Massimiliano Allegri, a cui ha fatto sponda la cessione al Manchester United di CR7, il regime autarchico e personalistico è crollato e a testimoniarlo sono i numeri: nove giocatori diversi in gol nelle prime nove uscite stagionali. Il carico delle reti segnate adesso è equidistribuito, così come il peso delle responsabilità. Non c’è più, dunque, il giocatore di riferimento, ma c’è piuttosto una squadra di riferimento; un collettivo con le stesse idee e le stesse ambizioni, che scende in campo ogni partita per perorare la stessa causa. La Juventus segue ormai il principio dell’e pluribus unum, che potrebbe essere tradotto come “da molti, uno soltanto”, attribuito erroneamente a Virgilio. La stagione è soltanto all’inizio, ma i fantasmi sembrano aver dato tregua, così come la sagoma del Moloch, che ormai sta svanendo lungo la linea dell’orizzonte.