Il Covid ha macchiato le ultime due stagioni della nostra vita e del calcio e purtroppo continua a farlo per la negligenza di certi calciatori che rifiutano il vaccino.
NO-VAX – Il virus ha cambiato ogni prospettiva, lasciando emergere le insicurezze e le fragilità delle persone. La paura ha attanagliato tutti in egual misura: ricchi e poveri, vip e persone comuni. Come dimenticare il periodo buio passato da Gonzalo Higuain durante il primo lockdown. A tenere banco in quei giorni c’era anche la situazione riguardante Josip Iličić, precipitato nel baratro della depressione. L’incertezza non sembrava diradarsi e ad ogni passo in avanti ne seguivano due indietro. Gli spalti vuoti, gli stadi chiusi e i tifosi relegati agli anditi più reconditi di case e divani, unico modo possibile per godersi quello che dava l’aria di essere soltanto un simulacro del calcio. Con la scoperta del vaccino la situazione è leggermente migliorata, anche se non si è ancora ristabilito del tutto il normale equilibrio. Affinché ciò avvenga è necessario che tutti diano il loro contributo nella battaglia contro il Covid. Ad oggi sono tanti i giocatori vaccinati nelle varie squadre di club e nazionale, ma altrettanti sono quelli che ancora rifiutano la dose di serio, ritenendolo inutile e addirittura pericoloso. Fra questi c’è Adrien Rabiot: il calciatore della Juventus – stando a quanto riportato dai medici francesi – sarebbe un fervente della campagna No-Vax e giusto qualche giorno fa è risultato positivo al coronavirus, a seguito di un tampone effettuato mentre si trovava in ritiro con la nazionale. Il fatto di per sé gravissimo ha assunto una portata ancora maggiore quando gli stessi medici hanno riscontrato anche un’altra positività, quella di Theo Hernández: vaccinato ma a stretto contatto con il centrocampista bianconero. L’eco della vicenda si è propagata a dismisura, tanto che si è tornato fortemente a parlare dell’introduzione dell’obbligo vaccinale per i calciatori. Una soluzione necessaria che andava attuata molto prima. Tale obbligo è scattato per quasi tutte le altre categorie dei lavoratori in Italia, pubblici o privati, dello spettacolo e non. Questo fa riemergere l’annosa questione della natura elitaria del calcio nostrano, per cui non valgono certamente le stesse regole imposte dal governo. Il calcio italiano è – al momento – un’enclave che vive della propria autarchia.