Andiamo ad analizzare il percorso da allenatore del livornese
BIS – In casa Juventus è tempo di profondi cambiamenti. Una rivoluzione iniziata con l’ufficiale addio di Fabio Paratici nel ruolo di Managing Director e proseguita con l’esonero ormai imminente (ma non ancora ufficializzato) di Andrea Pirlo. Al suo posto è arrivato il tanto decantato Massimiliano Allegri, chiesto a gran voce da buona parte della tifoseria bianconera. Il tecnico livornese ha ridato entusiasmo ad una piazza che ha dovuto subire l’umiliazione di vedersi scucire lo scudetto dal petto dai rivali dell’Inter dopo 9 anni di scudetti e dominio incontrastato. Per il conte Max è un ritorno dopo l’esonero, per certi versi burrascoso, avvenuto 2 anni fa dopo la delusione Champions League e le diverse vedute con l’allora Manager Paratici. Andrea Agnelli ha deciso quindi di affidarsi all’usato sicuro, visti i trofei ed i risultati portati a casa nel lustro Allegri. Vediamo un po’ il percorso che ha portato Massimiliano Allegri ad essere uno degli allenatori italiani più carismatici e vincenti d’Italia.
GLI ESORDI – Dopo una carriera da calciatore passata prevalentemente in provincia, per Massimiliano arriva la prima esperienza in panchina alla guida dell’Aglianese nel lontano 2003. L’anno dopo si trasferisce alla guida della SPAL in Serie C1. In questa esperienza arriva un episodio del tutto singolare: Max viene esonerato…per un’ora. Decisivo il ripensamento-lampo della società che comprende le carenze della rosa e richiama il tecnico livornese. Chiuderà il campionato al nono posto. Gli estensi intanto incorrono nel fallimento societario e Allegri si accasa al Grosseto, squadra in cui viene esonerato, viene richiamato e a fine stagione nuovamente esonerato in favore di Cuccureddu. Arriva il 2006 e per Max arriva l’incontro che gli cambierà la carriera: l’Udinese lo ingaggia come collaboratore tecnico di Giovanni Galeone. L’allenatore napoletano diventerà il suo mentore, nonostante i suoi soli 6 mesi di permanenza sulla panchina dei friulani e i risultati si inizieranno a vedere nella stagione successiva. Anno 2007: dopo aver lasciato il Lecco qualche settimana dopo la firma per divergenze societarie, arriva la chiamata del Sassuolo. Gli emiliani, allora in C1, vincono il proprio girone e raggiungono la Serie B per la prima volta nella loro storia. Max si aggiudica il premio ‘Panchina d’oro‘ della prima divisione: il definitivo trampolino di lancio verso il grande calcio.
CAGLIARI – Nel 2008 arriva la chiamata del Cagliari, la prima nella massima serie per l’ex Sassuolo. Definire la sua partenza alla guida dei sardi ‘negativa’ è certamente un eufemismo: 5 sconfitte nelle prime 5 gare di campionato, ultimo posto e 0 punti in cascina. Sarà decisiva la scelta del presidente Cellino di fornire la fiducia ad Allegri, il quale riesce a trovare la quadra giusta e ad inanellare una serie impressionante di risultati utili che portano la squadra al settimo posto provvisorio dopo quasi un girone. La squadra chiuderà al nono posto in campionato e gli garantirà la vittoria della panchina d’oro. La stagione successiva viene prima esonerato ad Aprile dopo una serie di risultati negativi, nonostante una salvezza quasi certa e poi licenziato definitivamente con la rescissione del contratto nel mese di Giugno.
MILAN – ‘Da grandi poteri derivano grandi responsabilità‘ e Max lo sa bene una volta arrivato in una società di primo piano come il Milan. La firma arriva nel giugno del 2010 e la sfida è di quelle toste: i rossoneri vogliono rompere il dominio Inter e vincere lo scudetto. L’organico è certamente di primo ordine con gli innesti di Robinho, Ibrahimovic, Boateng e Cassano oltre alla coppia difensiva Nesta–Thiago Silva e l’esperienza di Pirlo e Gattuso a centrocampo. A metà stagione una mossa che farà discutere tantissimo: l’acquisto di Van Bommel. Allegri schiera l’olandese al posto proprio di Pirlo, sempre più relegato in panchina in favore del nuovo acquisto. Questa mossa, unita alla qualità della rosa e ad una gestione perfetta delle energie, porta il Milan al suo 18esimo e, per ora, ultimo scudetto della sua storia. Dopo il trionfo in campionato arriva anche la Supercoppa Italiana nella finale di Pechino vinta ai danni dei rivali cittadini dell’Inter. Vincerà il titolo come ‘miglior allenatore AIC‘ della stagione appena conclusa, lanciandolo definitivamente nell’Olimpo degli allenatori del calcio Italiano. La stagione successiva sarà quella dell’inizio del ciclo Juventus targato Antonio Conte e del famoso ‘gol di Muntari‘ non assegnato ai rossoneri. In Champions League riesce a trascinare il diavolo fino ai quarti di finale, eliminato poi dal Barcellona. Inizia qui il declino della sua esperienza ai meneghini, soprattutto a causa del cambio generazionale non avvenuto nel modo corretto in seguito agli addii di Gattuso, Nesta, Thiago Silva e Ibrahimovic. Il Milan arranca tantissimo nel girone d’andata, per poi fare un gran girone di ritorno e chiudere al terzo posto nella rimonta di Siena che dà ai rossoneri il pass per la Champions. La stagione successiva rappresenta il crollo definitivo dell’Allegri-creatura rossonera, culminata con l’esonero nel mese di Gennaio dopo la sconfitta interna per 4-3 subita dal Sassuolo, la squadra che lo aveva lanciato nel calcio che conta.
JUVENTUS – L’estate successiva la Juventus ha il problema allenatore da risolvere: Antonio Conte si dimette ad inizio precampionato a causa della differenza di vedute sul mercato. Il famoso ‘ristorante da 10 euro‘, usando le parole del tecnico leccese, se lo aggiudica proprio Allegri che il 16 luglio viene ufficializzato come il nuovo allenatore bianconero. La sua esperienza parte tra lo scetticismo di una tifoseria che si è vista abbandonata dall’artefice numero 1 della rinascita bianconera e poi abbracciata da un allenatore reduce da un esonero nel mese di Gennaio. Max capisce il disagio della tifoseria e inizia a lavorare a testa bassa. Risultato? Vittoria dello scudetto con 4 giornate d’anticipo, risultato mai raggiunto dalla Juventus nell’era dei 3 punti e della Coppa Italia ai danni della Lazio nella finale dell’Olimpico. Nella stessa stagione riesce nell’impresa di trascinare la Juventus in finale di Champions League 12 anni dopo l’ultima volta. Purtroppo per lui il Barcellona rovina i sogni di gloria suoi e del mondo bianconero, ma di certo il tecnico livornese ha zittito tutti i suoi detrattori che a inizio esperienza lo avevano accolto a suon di ‘Noi Allegri non lo vogliamo‘. Alla faccia del ristorante da 10 euro. La stagione seguente si apre con la vittoria della Supercoppa ai danni della Lazio, ma l’inizio di stagione che attende il tecnico livornese non è di certo di belle speranze. La rosa viene rivoluzionata dopo la grande cavalcata verso Berlino e l’inizio di campionato è da incubo: a metà girone d’andata la squadra è addirittura fuori dall’Europa. Tuttavia Max è esperto di rimonte e riesce ad ottenere vittorie su vittorie che lo porteranno al trionfo addirittura ad Aprile. Anche quest’anno riesce nel ‘double’ vincendo la Coppa Italia contro il suo passato, ovvero il Milan. In Champions League si ferma soltanto agli ottavi per mano del Bayern Monaco, ma l’anno dopo riesce ad arrivare, dopo aver rivinto scudetto e Coppa Italia per il terzo anno di fila, alla finale di Cardiff al termine di una cavalcata esaltante nell’Europa che conta. Tuttavia l’epilogo juventino sarà lo stesso di due anni prima e la coppa andrà al Real Madrid. Seguiranno altri due scudetti, un’altra Coppa Italia e un’altra Supercoppa Italiana, che lo rendono uno degli allenatori più vincenti della storia bianconera. 11 trofei in 5 anni non gli valgono la conferma per la stagione 2019-2020, complice l’uscita prematura dalla Champions League in favore dell’Ajax e la forte differenza di vedute con l’allora Managing Director Fabio Paratici.