La scommessa di esonerare Maurizio Sarri per affidare la panchina ad un tecnico esordiente assoluto nel massimo calcio è stata pagata da Fabio Paratici. La Juventus torna sui propri passi e fa marcia indietro sulla scelta maturata un anno fa. Al primo comunicato sul divorzio dal ds piacentino è seguito quello dell’esonero di Andrea Pirlo. Nel ringraziare l’allenatore bresciano per il lavoro svolto, proviamo a tracciare un bilancio della sua (breve) esperienza in bianconero.
ENTUSIASMO – Il 31 luglio 2020 un entusiasta Andrea Agnelli presentava ai microfoni dei giornalisti il nuovo allenatore dell’Under 23. Quell’Andrea Pirlo che aveva fatto le recenti fortune del club con la maglia numero 21 addosso. Le fanfare di una presentazione in pompa magna con il numero uno bianconero ad interessarsi in prima persona e tutto il gotha bianconero schierato in prima fila per l’evento, avrebbero dovuto far presagire che qualcosa stava bollendo in pentola. Passa una settimana e all’esonero di Sarri, segue, quasi immediata, l’accelerata per Pirlo quale nuova guida tecnica della prima squadra. La vastità dell’azzardo veniva sapientemente coperta dai proclami del nuovo che avanza. Dalle idee rivoluzionarie di un calcio moderno fatto di pressing alto, possesso palla e varietà di moduli, ogni accenno alla scelta di consegnare la squadra all’ex regista era corredato da una citazione più o meno testuale alla tesi che il neo allenatore aveva discusso pochi giorni prima a Coverciano per il corso di Uefa Pro. Pronti via e l’inizio di stagione cozza con i fin troppo facili entusiasmi di agosto. Il miele che cospargeva le dichiarazioni estive si fa via via più secco. A metà novembre era già tempo di bilanci non esattamente lusinghieri. La frenesia tattica di chi stava imparando il mestiere sul campo, simil tirocinante, si manifestava con evidenza nel modulo multiforme e poliedrico che stentava a trovare forma compiuta e che avrebbe perseverato nell’incompiutezza per l’intera annata.

IDENTITA’ – Chissà se a distanza di mesi Andrea Pirlo avrà ripensato a quanto fatto. Alle sue scelte durante la stagione. Ai cambi di formazione con interpreti mai uguali a quelli della partita precedente. Chissà se avrebbe rifatto quelle scelte, se cioè avrebbe ridisegnato un 11 titolare sempre diverso e sempre depositario di una esuberanza tattica forse eccessiva. Di certo non richiesta. O se, invece, avrebbe imboccato la strada della semplicità, non disdegnando di avere un terzino che sappia difendere, un mediano che sappia recuperare palla e un attaccante di movimento che sappia attaccare la profondità. Le ricerche e gli esperimenti del neo allenatore proseguivano e i risultati stentavano ad arrivare. Al giro di boa l’Inter di Conte, coriacea e pragmatica, aveva ingranato la marcia giusta ed effettuava il sorpasso al Milan capolista per tutto il girone d’andata. La Juventus di Pirlo accumulava un ritardo dalla vetta non ancora da matita rossa ma certamente insolito per una squadra non abituata ad inseguire. Il gruppo di mister Pirlo difettava in continuità. Mai più di tre vittorie consecutive, mai un riconoscibile dettame tattico. Il tonfo a San Siro nello scontro diretto con l’Inter del 17 gennaio e l’uscita dalla Champions League per mano di un non irresistibile Porto a inizio marzo scoperchiano gli altarini di un progetto nato più dalle contingenze economiche che dalla sincera fiducia nel nuovo progetto. Il punto più basso della sua gestione si registra con la disfatta casalinga per opera della neopromossa Benevento. La Juventus non va oltre uno sterile possesso palla con i campani e riesce nell’impresa negativa di regalare alla squadra di Inzaghi il gol della vittoria (su gentile concessione di Arthùr). La poca lucidità del gruppo evidenzia i timori e le incertezze di una stagione complicata. I bianconeri arrancano e per la prima volta dopo 9 stagioni corrono il rischio di mancare il piazzamento utile per partecipare alla prossima edizione della Champions.

SECONDA POSSIBILITA’? – Prima del congedo di mister Pirlo, l’annata dei bianconeri riserva un colpo di coda che ha costituito una vera e propria boccata d’ossigeno per l’ambiente. La quattordicesima Coppa Italia approda a Torino portando con se una rinnovata speranza in vista dell’ultimo turno di campionato, quello che decreterà l’accesso all’Europa che conta della Juventus. In altre parole un finale rocambolesco salva una stagione altrimenti gravemente deficitaria. E tra i tifosi c’è chi si chiede se fosse stato il caso di dare all’ex regista una seconda chances. Un Pirlo bis, dunque. Con il bresciano che sarebbe ora responsabilizzato dopo le attenuanti del primo anno. Perché a parziale discolpa dell’allenatore giocano le tante variabili esterne di un’annata che nasce quale immediato proseguimento della precedente con poco tempo per ponderare riflessioni e correggere il tiro, laddove necessario, rispetto alla gestione precedente. A ben vedere l’esonero di Andrea Pirlo non deve essere considerata una bocciatura personale per il giovane allenatore che avrà modo di rifarsi. Forse già dalla stagione ventura. L’annata che va a concludersi può essere, invece, molto utile. Una grande lezione da cui imparare. Nulla è dovuto: le tante vittorie consecutive hanno portato a dare per scontati risultati che in realtà scontati non erano. Buon lavoro mister.