Lo scorso giovedì, in conferenza stampa, Cherubini e Arrivabene hanno illustrato il progetto giovani, alla luce della conferma in Prima squadra di Miretti, Soulé e Fagioli
FIDUCIA. Prima o poi, ogni ciclo giunge al termine. Sarebbe incredibile se questo non accadesse, bisognerebbe allora smettere di competere. La Juventus si è ormai resa conto di ciò, motivo per cui in questi anni la società ha e sta lavorando per inaugurare un’altra fase. Diventa fondamentale, infatti, l’analisi e la selezione degli elementi a cui affidarsi per poter costruire un nuovo ciclo di vittorie, con la ferma consapevolezza che al giorno d’oggi quella base solida possono darla solo i giovani. Per poter dare vita però a questa rivoluzione definitivamente bisogna avere innanzitutto il coraggio di tagliare i ponti con il passato e di cambiare, consci che la vita premia solo chi fa il primo passo.
Il vivaio, i settori giovanili sono considerati giustamente come un potenziale serbatoio per le rose delle prime squadre, e la Juventus sembra aver capito che, per ristabilire la propria potenza, deve ripartire, oltre che dai grandi campioni, anche da giovani pronti a crescere e dimostrare tutto il proprio valore. Va in questa direzione, infatti, la scelta della società di confermare nello scacchiere della Prima squadra giocatori come Miretti, Fagioli e Soulé, che lo scorso giovedì sono intervenuti in conferenza stampa insieme al direttore sportivo bianconero Federico Cherubini e all’amministratore delegato Maurizio Arrivabene. I tre pionieri del progetto giovani si sono raccontati a suon di emozioni miste ad un’estrema sincerità, accomunati da un sogno che grazie ai sacrifici, alla determinazione e al duro lavoro si è trasformato in una bellissima realtà. Le loro parole hanno dimostrato quanto effettivamente ci credano in questa occasione, dichiarandosi disposti sia ad imparare dall’esperienza dei più ‘grandi’, ma anche a trasmettere loro stessi al resto del gruppo l’importanza e il vantaggio di essere cresciuti in un ambiente come quello bianconero.
“E QUINDI USCIMMO A RIVEDER LE STELLE”. Così recita l’ultimo verso dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri. Un verso di speranza, la stessa a cui tutti cercheremo di aggrapparci affinché, con i giusti correttivi, pian piano si possa uscire da questi ultimi anni piuttosto bui dal punto di vista del gioco e rivedere, finalmente, nuove stelle illuminare il prato verde. E Allegri? Sarà sul pezzo?