Andiamo ad analizzare le peculiarità tattiche del prossimo avversario della Juventus
GENOVA – In un ‘Marassi’ che si preannuncia bollente, la Juventus giocherà la sua ultima gara prima della finalissima di Coppa Italia dell’11 maggio e lo farà contro il Genoa di Alexander Blessin. I bianconeri, ormai certi della qualificazione matematica alla prossima Champions League, proveranno a mettere pressione al Napoli terzo in classifica, ma davanti avranno una squadra alla disperata ricerca di punti che potrebbero ridare una speranza di salvezza. La sconfitta patita nel derby con la Sampdoria rappresenta una mazzata durissima da digerire, soprattutto a causa del rigore fallito da Criscito in pieno recupero che avrebbe consegnato al ‘Grifone’ l’ennesimo segno ‘X’ della gestione Blessin. Ma torniamo al lato tattico del match, cercando di comprendere l’assetto e l’atteggiamento che metteranno in campo i padroni di casa.
MODULO E POSSESSO – Il tecnico tedesco ha voluto ‘vestire’ il proprio 11 iniziale con un 4-3-3, in alcuni casi un 4-2-3-1 più offensivo e propositivo rispetto al calcio dei predecessori Ballardini e Shevchenko. Dal suo arrivo, il Genoa ha cambiato la sua filosofia di gioco e l’atteggiamento messo nel rettangolo di gioco: passaggi in verticale e quasi mai in orizzontale. La ricerca della porta avversaria è diventata l’ossessione di questa squadra, spinta anche sul lato motivazionale da un sempre spiritato Blessin. Badelj e Sturaro, ovvero i due mediani davanti alla difesa, cercano spesso la verticalizzazione per innescare in profondità la velocità delle ali Ekuban e Yeboah, oppure l’estro di Amiri, leader tecnico per caratteristiche della squadra. Il centravanti, che sia Destro, Yeboah oppure Piccoli, deve venire dentro al campo per fare da raccordo con il centrocampo, motivo per cui è molto complicato trovare la via del gol in questo Genoa (25 gol fatti in 35 partite disputate, peggior attacco del campionato).
NON POSSESSO – Pressing, ma soprattutto ‘Gegenpressing‘: si può riassumere così la filosofia calcistica di Blessin in fase di non possesso. L’immediata conquista del pallone è un dogma imposto dall’allenatore teutonico e deve essere fatto con tutti gli effettivi per poter risultare efficace, ma soprattutto per non mandare in scacco i propri difensori. La linea difensiva gioca con i piedi sulla linea di centrocampo e ogni giocatore marca a uomo il suo avversario, non concedendogli il fronte della porta. Il reparto offensivo va a dar fastidio sin dalla prima impostazione di gioco avversaria, costringendo spesso e volentieri alla soluzione del lancio lungo. Se la prima linea di pressione salta, la punta centrale va a fare densità in mezzo al campo assieme ai due centrocampisti, mentre il trequartista va a scalare sul lato palla fornendo un supporto al compagno nell’uno contro uno. Gli esterni scalano il proprio baricentro, in modo da occludere anche le corsie esterne con la contemporanea presenza degli esterni di difesa, ma alla lunga questa soluzione richiede un grande dispendio di energia.