Andiamo ad analizzare le peculiarità tattiche del prossimo avversario della Juventus
FINALE – L’attesa è finalmente terminata. Una rivalità quasi centenaria, fatta di gioie e dolori, intrisa di passione e spirito. Questa è Inter–Juventus, match secco che si giocherà allo Stadio Olimpico di Roma e assegnerà la Coppa Italia Frecciarossa. I nerazzurri arrivano all’appuntamento della finalissima al secondo posto in campionato alle spalle del Milan, ma in piena lotta per lo scudetto, visti i soli 2 punti di differenza e le 2 restanti gare da giocare. Al contrario, la vecchia signora è già certa del quarto posto in classifica e della qualificazione in Champions e potrà dare tutte le energie nella gara che potrebbe consegnare a Massimiliano Allegri il suo primo ed unico trofeo stagionale. Concentriamoci sulla formazione di Simone Inzaghi, cercando di comprendere i punti cardine del suo gioco.
MODULO E POSSESSO – La costruzione dal basso è una prerogativa della formazione meneghina, la quale inizia il suo possesso con il portiere Handanovic che cerca uno dei 3 centrali del 3-5-2, modulo che ha fatto le fortune di Inzaghi anche ai tempi della Lazio. I due braccetti (Skriniar e Bastoni) si allargano per favorire lo scalo di Brozovic, ago della bilancia nerazzurra che si muove in base alla zona del pallone e allo sviluppo dell’azione. In fase di primo possesso, anche Çalhanoglu viene più basso a costruire, con scambi corti in attesa di appoggiarsi sugli esterni opposti all’azione, in modo da sfruttare l’uno contro uno con gli avversari. Due modi diversi di attaccare la corsia: Dumfries a destra sfrutta la sua ampia falcata, essendo molto rapido e difficile da fronteggiare sul lungo, mentre Perisic a sinistra utilizza la sua grande abilità nel dribbling per disorientare gli avversari e creare superiorità numerica dopo aver vinto l’uno contro uno. Se il pallone staziona a destra, Dumfries cerca spesso l’uno due con la mezz’ala di riferimento (Barella) e attacca la profondità per arrivare sul fondo, mentre se staziona sulla sinistra, l’olandese va a chiudere l’azione sul secondo palo. Sulla sinistra, diventa importante l’azione di Bastoni che, nonostante sia il terzo centrale, accompagna spesso lo sviluppo offensivo, arrivando anche sul fondo a crossare con continue sovrapposizioni, a dimostrazione di un collettivo votato all’attacco e a far male. Lautaro Martinez e Dzeko, ovvero le due punte, svolgono funzioni diverse, ma entrambe utili a servizio della squadra: l’argentino attacca la profondità in transizione offensiva, sfruttando lo sbilanciamento degli avversari e attacca il primo palo sui cross dal fondo, mentre il bosniaco dà una mano in costruzione e fa salire la squadra grazie alla sua abilità nel difendere il possesso e nel passaggio preciso per il compagno.
NON POSSESSO – La scuola tedesca del ‘Gegenpressing’ ha ammaliato anche Simone Inzaghi, il quale ne ha fatte proprie le principali caratteristiche: pressione nell’immediata perdita del pallone, in modo da costringere l’avversario al lancio lungo e alla giocata forzata. La linea difensiva resta molto alta, soprattutto in situazioni di palla coperta, mentre al contrario e con la pressione saltata scappano all’indietro per non concedere l’imbucata. I reparti restano sempre molto corti e l’organico si muove ‘a fisarmonica’ per non creare ‘buchi’ nel sistema del pressing. Sulle corsie esterne il raddoppio delle mezze ali di competenza è costante e in questo modo l’esterno risulta sempre spalleggiato dal compagno, con il braccetto di difesa pronto ad uscire su un’eventuale imbucata. In questo scenario, dalla parte opposta, l’esterno fa la diagonale per evitare l’inserimento sul secondo palo dell’avversario.