Con l’infermeria piena e la sopraggiunta positività al Covid di Rabiot, per la Juventus si prospetta una ripresa di campionato fatta di scelte obbligate e “allegrate”.
INVENZIONI – Dopo la sosta per le nazionali gli allenatori dei club si ritrovano spesso a compitare le pagine di quello che sembra un vero e proprio bollettino di guerra: infortuni, acciacchi, stanchezza, malumori. Qualcuno ritorna sano, qualcuno non ritorna, come nel caso del centrocampista francese risultato positivo al Covid proprio durante il ritiro con la Francia. Alla grana Rabiot si aggiunge quella relativa a Moise Kean: il calciatore potrebbe saltare la finale per il terzo/quarto posto contro il Belgio per le conseguenze riportate dopo uno scontro con Laporte durante Italia-Spagna. Per Massimiliano Allegri è facile tirare le somme, basta aggiungere gli ultimi due casi agli infortuni già appurati di Morata e Dybala. Per la Joya i tempi di recupero previsti sono più brevi rispetto a quelli stabiliti dal referto dello spagnolo, tanto da provare a convocarlo già per la sfida con la Roma alla ripresa del campionato. Il tecnico livornese non ha mai cercato alibi: né gli infortuni né tantomeno la mancanza di elementi validi in certe zone del campo possono giustificare una mancata prestazione positiva da parte della squadra. Sperimentare è il modo giusto per trovare soluzioni valide e percorribili in vista dei numerosi impegni. L’impiego di Bernardeschi come falso nove nella sfida di Champions League contro il Chelsea si è rivelata vincente, a tal punto da riproporla anche nel derby. Per poter sperimentare, però, devi avere una rosa abbastanza ampia, composta da elementi duttili, come quella della Juventus. Allegri si è ritrovato più volte a dover cucire un ruolo adatto alle caratteristiche dei suoi giocatori e la massima espressione di questo sperimentalismo è stata raggiunta con lo schieramento di Mario Mandžukić come esterno. Quella scelta ha portato i bianconeri in finale di Champions League, dopo un percorso pressoché perfetto. Il croato proprio in quella finale ha tirato fuori dal cilindro un gol magnifico, che non è bastato però a portare a Torino l’agognata coppa. C’è il tempo per provare, anche quello per sbagliare, quello che manca è il tempo per le scuse.