Prima braccio destro di Beppe Marotta, poi la promozione a direttore sportivo. Gli undici anni bianconeri del dirigente piacentino nell’approfondimento di oggi.
TORINO – La sala stampa dell’Allianz Stadium ospiterà quest’oggi l’ultima conferenza di Fabio Paratici che, come annunciato lo scorso 26 maggio, lascerà la Juventus. Il direttore sportivo ha vissuto undici stagioni a Torino condite da diciannove trofei: il club lo chiamò nell’estate 2010, dopo aver monitorato con attenzione la bella stagione della Sampdoria, capace di accedere ai preliminari di Champions League. In quell’anno arrivarono dalla società blucerchiata anche Beppe Marotta e l’allenatore Gigi Del Neri. Il piacentino Fabio Paratici diventava così il responsabile dell’area sportiva con l’ex dirigente doriano da direttore generale. Si formava una coppia che avrebbe scritto pagine molto luminose della storia del Club. Le sue qualità di talent scout e osservatore erano già note ai tempi della precedente esperienza per la società ligure. A lui la Juventus del neo presidente Andrea Agnelli, decise di affidarsi per riscattare l’ultima deludente stagione.

I TALENTI – Le scelte più riuscite sono quelle che vedono Paratici operare nello scouting di nuove giovani leve del calcio. Le deleghe alla parte sportiva, con Marotta alla supervisione economico-finanziaria, hanno creato l’alchimia giusta per operazioni di grande successo. Il ciclo vincente della Juventus è partito almeno un anno prima con le firme di Leonardo Bonucci e Andrea Barzagli nella deludente stagione 2010-11 chiusa con la settima piazza della classifica. Le operazioni per i due difensori, il primo riscattato dal Bari per 8 milioni di euro, il secondo giunto a gennaio 2011 per 300000 euro, si sono rivelate le prime intuizioni azzeccate. La stagione successiva parte col botto di un allenatore che è stato una grande bandiera della Juventus, quell’Antonio Conte che si affacciava alla panchina di un grande Club. Fabio Paratici piazzò due colpi che avrebbero poi regalato ampie soddisfazioni. Dal Milan giunse sotto la Mole un Andrea Pirlo, scaricato dalla dirigenza rossonera ma che poi Conte seppe mettere al centro del suo progetto tecnico. Il ds piacentino pescò, poi, dalla Bundesliga uno sconosciuto calciatore cileno, tale Arturo Vidal, per una cifra di circa 15 milioni. Anche lui, come Pirlo, avrebbe giocato un ruolo da protagonista nel nuovo centrocampo di una vecchia Signora capace di laurearsi Campione d’Italia. E di concedere il bis l’anno successivo anche grazie ad una nuova intuizione di Fabio Paratici: strappare al Manchester United un giovanissimo Paul Labile Pogba, francese, del quale si parlava un gran bene. Le aspettative non saranno deluse: il calciatore dimostrerà una padronanza tecnica e una personalità tali da essere considerato a ragione il colpo del mercato bianconero. Tra le firme importanti a ispirazione del ds piacentino, non possiamo tralasciare quella di Carlos Tevez, soffiato ad Adriano Galliani già in trattativa avanzata per portare l’attaccante argentino a Milano. Tevez abbraccerà il progetto Juventus e la scelta si rivelerà giusta: per lui due scudetti, una Coppa Italia e una finale di Champions, quella di Berlino persa con il Barcellona. L’addio di Marotta lo promuove a direttore generale dell’area sportiva, un ruolo con il quale chiuderà le operazioni Cristiano Ronaldo, nell’estate 2018, e Mattjs De Ligt, un anno dopo. Due firme che lo hanno reso agli occhi degli addetti ai lavori all’estero uno dei dirigenti più influenti del calcio moderno.

CHIAROSCURO – Meno soddisfacenti perché troppo azzardate le scelte per la panchina. Sostituire Massimiliano Allegri con Maurizio Sarri non ha dato i frutti sperati. Anche perché tra l’ex Napoli e l’ambiente bianconero non è mai scattato quel feeling particolare che fa maturare ed evolvere il rapporto. Non particolarmente esaltanti le campagne acquisti degli ultimi due anni. I parametri zero Ramsey e Rabiot non hanno avuto il medesimo impatto che ebbero sul campo Pirlo e Pogba. Senza contare l’alto peso che i loro ingaggi continuano ad avere sui bilanci della Juventus. In particolare, il brillante centrocampo messo insieme nelle prime stagioni del ciclo vincente, sembra oggi un ricordo lontano. Lo scambio Pjanic-Arthùr non ha modificato nella sostanza la cifra tecnica di un reparto che risente della mancanza di un vero leader. Bentancur non ha fatto i passi in avanti che il Club si sarebbe aspettato da un giovane pescato in Argentina nell’operazione che aveva riportato Tevez in patria. Ultima ma non meno importante la vicenda del passaporto di Suarez, con il coinvolgimento di Paratici nell’inchiesta di Perugia. Il ds non sarà, poi, iscritto nel registro degli indagati ma l’eco mediatica del caso non metterà in buona luce i dirigenti bianconeri. Quale futuro attende adesso il direttore sportivo di questa lunga parentesi vincente? Fabio Paratici resta di diritto nella hall of fame dei dirigenti bianconeri più vincenti di sempre. Il suo futuro è probabilmente all’estero dove non mancano i suoi estimatori.