Prosegue solerte l’inchiesta della Procura di Torino. Dopo aver ascoltato Cherubini e Arrivabene nelle vesti di persone informate sui fatti, potrebbero essere sentiti nei prossimi giorni altre persone della dirigenza attuale o passata della Juventus: Giovanni Manna (responsabile under 23), Paolo Morganti, Cesare Gabasio (responsabile affari legali), Stefano Cerrato (chief corporate & financial officer), Stefano Bertola e Marco Re.
NON SOLO JUVENTUS – Fermi tutti. So che tanti morigerati simpaticoni si sarebbero dilettati nell’indossare la toga e nell’equipaggiarsi di martelletto da magistrato per emettere parziale ed approssimativa sentenza. Devo darvi una brutta notizia. Potete, quindi, riporre i forconi e ricacciare in gola le urla sguaiate con le quali vi accingevate ad inveire. Quello che in tanti equilibrati giudici dell’ultima ora o dell’ultimo social ritengono essere il collaudato ed illegale escamotage architettato dall’uomo nero (pardon bianconero!) per porre rimedio ad una gestione contabile deficitaria, appare in realtà una pratica molto più comune e molto più capillare di sistemazione di “macchine ingolfate”. E quelle macchine non recano tutte il marchio Fiat. Come pubblicato da Matteo Pinci sulle colonne di Repubblica, in una brillante analisi della vicenda, gli scambi gonfiati coinvolgono almeno sei club, tra i quali il Genoa, che avrebbe chiuso affari per 123 milioni con la Juve e per 78 milioni con l’Inter. Il tema plusvalenze non è, dunque, appannaggio esclusivo della società di via Druento, ma riguarda il sistema calcio Italia. Perché di sistema calcio si parla. Prova ne siano le parole del presidente della Figc Gravina all’opera per studiare “una regola che permetta alla Federazione di non considerare ai fini dell’iscrizione ai campionati gli effetti a bilancio degli scambi a saldo zero”. A ben vedere, le dichiarazioni del numero uno federale lasciano intendere che anche chi ricopre le più alte cariche di governo del nostro calcio ha perfettamente compreso che ci si trovi di fronte ad un sistema che abbraccia, lega ed intreccia più teste, più società, più bilanci. Intendiamoci, l’approfondimento odierno non è stato scritto come un tentativo (oltremodo goffo) di estrapolare la Juventus da una pratica tutt’altro che onorevole. Le indagini della Procura di Torino faranno chiarezza e accerteranno come sono andate le cose. In tempi molto brevi. Trapela, infatti, l’indiscrezione della chiusura delle indagini entro un mese. Scalpita, e non ne siamo affatto stupiti, la giustizia sportiva, pronta ad imbracciare la mannaia ancor prima di conoscere i fatti.
SENTIMENTO D’ODIO POPOLARE – Ma allora qual è il senso del contributo di oggi? E’ porre dei punti fermi. Così che i quattro lettori del sottoscritto (che ringrazio di cuore per la fiducia), anche quelli che meno sopportano le mie divagazioni (e li ringrazio un po’ meno) possano scendere dal pero senza evitare brusche e dolorose cadute. Punto primo. Ciò che oggi può assumere le forme di un sensazionale vaso di Pandora, rovesciato e aperto sul nostro calcio, ha avuto antenati non proprio eticamente impeccabili oltre dieci anni fa. Milan e Inter finirono sotto processo nel 2008 per i bilanci del 2004, e furono entrambe assolte in quanto “il fatto non costituisce reato”. E veniamo proprio al secondo punto. E’ molto complicato quantificare il valore di un calciatore e, in caso di cessioni per cifre all’apparenza spropositate, non esistono parametri esatti per decidere che una valutazione sia falsa, e di conseguenza un’eventuale plusvalenza “gonfiata” o “fittizia”. Il nocciolo della questione sono sempre i passaggi di giocatori le cui valutazioni hanno consentito di produrre plusvalenze, toccasana per il bilancio, ma che in sostanza non hanno prodotto un reale passaggio di denaro né in entrata né in uscita. Sarà compito della Procura verificare che quel passaggio sia realmente avvenuto. Il terzo e non meno importante punto sostanzia titolo e contenuto del focus. Il caos mediatico e l’ormai nota caccia all’uomo bianconero non stanno più in piedi. A rischiare non è soltanto la Juventus. Ma l’intera Serie A del sopracitato sistema. Il colpevole ha maglie di diverso colore. Trovo, quindi, francamente inaccettabile il processo (mediatico, ancor prima che penale e sportivo) e la relativa sommaria condanna che riesce a tirar su dalle fondamenta di un’antipatia unidirezionale un palazzo di trenta piani i cui mattoni sono costituiti da mezze frasi ad effetto, fuori contesto e sapientemente impaginate da certa stampa, e il cui cemento è un’insanabile voglia di sensazionalismo, offensiva della memoria storica di chi segue il mondo del pallone da decenni. Le indagini faranno il proprio corso. E la Procura chiuderà l’inchiesta. Soltanto allora avremo le idee più chiare sui reati e sui processi, quelli veri, nelle aule di tribunale e non nelle pagine Facebook. Tira una brutta aria sull’opinione pubblica. Il medesimo olezzo nauseabondo che ammorbò il dibattito nell’estate del 2006. Occorre aprire le finestre.