Le accuse, i riflettori mediatici, il nome della Juventus in prima pagina su tutti i giornali, poi la sentenza che proscioglie i club e il tonfo federale passa in cavalleria.
TORINO – Sessantadue operazioni passate sotto la lente della Figc, una serie infinita di udienze, undici club coinvolti e 59 dirigenti sotto accusa. La sentenza del Tribunale Federale ha messo fine, almeno per quanto riguarda il primo grado, a mesi di gogna mediatica unilaterale nei confronti del condannato bianconero già pronto sul patibolo con il cappio al collo. Tutti prosciolti: tra i dirigenti il presidente della Juventus Andrea Agnelli, l’ex ds bianconero Fabio Paratici e il numero uno del Napoli Aurelio De Laurentiis. L’apparato difensivo dei club è stato accolto integralmente. Secondo la tesi della difesa, non poteva reggere il modello di valutazione dei giocatori approntato dalla Procura Figc per definirne il “prezzo giusto”. Del resto, in assenza di un accordo che falsifichi un valore, non si può certo procedere per un illecito. La sentenza di primo grado certifica inoltre che non sono state violate le norme federali in materia gestionale ed economica (art.31) e la mancata lealtà dell’art.4 del Codice di giustizia sportiva. In attesa delle motivazioni, che si avranno a breve, e dell’eventuale decisione del procuratore Chiné di presentare ricorso, vale la pena soffermarsi sul fenomeno tutto italico del “non è successo nulla”.
DIMISSIONI? SI MANGIANO? – La gestione dell’intero processo, il clamore mediatico e l’esito avverso all’accusa comporterebbero senza dubbio, in un Paese serio, le dimissioni della Procura Federale e l’azzeramento totale dei vertici federali. Una Procura che incappa in scivoloni di tale portata non avrebbe ragione d’esistere, se non come iniziativa formativa per i giovani magistrati affinché possano avere a disposizione un prezioso vademecum su come non si lavora. Nessuna prova concreta di comportamenti anomali in avvio e soprattutto il capire con molto ritardo, a processo in corso, che di certo non ci sarebbe stato materiale per inchiodare nessuno. Come si poteva pensare che sul tema del valore di un calciatore potesse esserci un discrimine tra il giusto e l’ingiusto, il lecito e l’illecito? Siamo alle comiche. Una figuraccia mondiale, al pari di quella degli azzurri che hanno mancato, per la seconda volta di fila, la qualificazione alla rassegna iridata. E anche in quel caso il “non è successo nulla” si è manifestato puntuale ad ovattare il misfatto. La Procura non fa un passo indietro, Gravina non prende una decisione, salvo perseguire campagne personali per vecchie ruggini con Lotito (vedi il caso della doppia proprietà della Salernitana). “Ora dobbiamo iniziare a parlare di sostenibilità finanziaria” ha commentato il numero uno della Figc. Ora? Era necessario il capitombolo dei giudici federali per intervenire sulla sostenibilità economica e finanziaria del calcio? La riforma dei campionati e il nuovo impianto della giustizia sportiva non erano forse i cardini attorno ai quali si costruivano le basi della sua rielezione alla testa della Federazione? Il calcio deve cambiare ma non cambia nulla. Attenderemo il nuovo scandalo mediatico per tornare a parlare di riforme nel calcio, come una nuova disfatta della Nazionale sarà l’occasione propizia per sparare a zero sui club che non hanno investito abbastanza nei settori giovanili. Non è successo nulla.