Nonostante abbia siglato, con un pizzico di fortuna, il gol decisivo nella sfida di Cagliari, Vlahovic é apparso ancora una volta avulso dal gioco e in difficoltá nei movimenti. Che succede all’attaccante serbo?
POCA BRILLANTEZZA – Dusan Vlahovic é entrato nel mondo Juve di prepotenza, direttamente dalla porta principale e senza bisogno di bussare. Il suo acquisto a gennaio aveva esaltato tutti, al punto tale da sognare una pazza rimonta Scudetto e un grande percorso in Champions grazie alla prolificitá del serbo sottoporta. Ed effettivamente l’inizio di quest’avventura aveva fatto presagire ció: gol al debutto contro il Verona, decisivo in Coppa Italia col Sassuolo, gol all’esordio in Champions dopo una manciata di secondi, strepitosa doppietta ad Empoli per decidere la sfida, squadra che grazie a lui sembrava volare sulle ali dell’entusiasmo. Da lí invece DV7 ha dovuto fare i conti con un calo di rendimento, siglando solamente due gol nelle successive sette partite (contro la non irresistibile Salernitana e sabato contro il Cagliari, grazie anche ad un fortunoso rimpallo); dal suo arrivo a Torino ha realizzato 6 gol in 13 partite, un inizio forse meno folgorante del previsto per un calciatore pagato 70 milioni piú 10 di bonus e sin da subito paragonato ai grandi talenti di questa generazione, come Haaland e Mbappé. Paolo Di Canio recentemente ha affermato che il paragone con i due al momento non sussiste, poiché Dusan é ancora molto acerbo sotto determinati aspetti, per quanto sia un calciatore giá molto forte e preparato. Ma quali sarebbero questi aspetti?
DIFETTI – Uno dei punti su cui il serbo deve maggiormente lavorare é l’abilitá a giocare nello stretto: prendendo come esempio il match di Cagliari, in piú di un’occasione Dybala ha tentato una combinazione in un fazzoletto con Dusan, ma l’ex Viola non é mai stato reattivo a sufficienza, finendo per perdere il pallone o per rallentare l’azione. Altro vizio da estirpare é l’eccessiva precipitositá di cui spesso é vittima: quando riceve il pallone spalle alla porta e deve fungere da sponda per i compagni, spesso é troppo frettoloso ed istintivo nella giocata, quasi come volesse liberarsi in fretta del pallone per lanciarsi verso la porta. Un calciatore da cui prendere esempio sotto questo punto di vista é certamente Karim Benzema, dotato di un’intelligenza calcistica superiore alla media e in grado di ricoprire il ruolo del “regista” avanzato. Inoltre, nonostante lo strapotere fisico, Vlahovic non é Lukaku, non riesce ad appoggiarsi sugli avversari per girarsi verso la porta, ma necessita sempre di lottare spalla a spalla, punto a punto, con ogni avversario, uscendone comunque spesso vincitore.
Di sicuro ció che non gli é mai mancato, oltre alla strabordante personalitá e alla fame di arrivare, é l’incisivitá sottoporta, che ha fatto le fortune della Fiorentina. Il fatto che il suo bottino di reti in bianconero risulti leggermente magro é in buona parte attribuibile allo stile di gioco allegriano, che quasi sacrifica il centravanti e il gioco offensivo a dispetto della fase difensiva e del sacrificio degli stessi attaccanti. La Viola di Italiano era, ed é tutt’ora, una fonte di gioco continua, sempre votata all’attacco e in grado di far arrivare numerosi palloni puliti al centravanti di turno, mentre con la Juve la maggior parte delle palle che riceve sono sporche o di difficile lettura, oltre che minori dal punto di vista numerico. In conclusione, é indiscutibile che Vlahovic debba crescere sotto determinati aspetti (e a 22 anni non potrebbe essere altrimenti), ma é altrettanto indiscutibile che qualunque bomber di razza faticherebbe ad esprimersi al meglio in queste condizioni.