Non scende in campo in questi giorni la Juventus per lo stop imposto dalle gare delle Nazionali. Bisognerà pazientare ancora un po’ per vedere gli uomini di Pirlo svestire le tute e calcare il manto erboso dello Stadium. Ma certe partite fuori dal campo non hanno bisogno di appuntamenti ed attese. Sono insite nel DNA di una società che ha fatto del bianco e nero la propria identità e dell’abbraccio dei due colori il motivo del proprio inno. Per quanto le soddisfazioni sul campo siano arrivate copiose, l’impegno della società nella lotta al razzismo resta sempre il trofeo più prestigioso da sollevare.
MCKENNIE- Le dichiarazioni di Weston McKennie dal ritiro della nazionale statunitense di qualche giorno fa sono un campanello d’allarme che deve risuonare nelle teste di chiunque si approcci al mondo del calcio e dello sport. Il commento sulle vicende del paese di origine e sull’esperienza in Germania veicola l’indignazione di chi sa di dover lottare nel quotidiano contro un avversario di lunga data, facendone una missione. Il centrocampista americano, in prestito dallo Shalke 04, aveva già sposato la causa del movimento Black Lives Matter, dimostrando un accresciuto impegno nel sensibilizzare i più giovani. Alla Juventus McKennie può sentirsi a casa, e godere del sicuro appoggio del club, che da sempre ha avuto a cuore il tema razzismo.
L’IMPEGNO- Il gradito regalo di un libro di Nelson Mandela da parte di Andrea Agnelli al nuovo arrivato McKennie è ben di più che un formale supporto alle battaglie anti-discriminazioni che il calciatore intende abbracciare. Il libro diventa testimonianza simbolica ma tangibile di un percorso di attività ben definito che la Juventus vuole incentivare e proseguire a lungo. Non parole ma fatti concreti, dunque. Iniziative che possano lasciare il segno e scongiurare in futuro episodi disdicevoli. L’augurio è che si possa bissare la lodevole iniziativa dello scorso 21 marzo, quando, in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione delle Discriminazioni Razziali, la Juventus diede vita al percorso didattico “Un calcio al razzismo“. L’iniziativa, completamente gratuita e rivolta anche alle famiglie, ha coinvolto decine di studenti con lezioni interattive in aula e a distanza. Non costituirebbe, dunque, un ostacolo l’emergenza sanitaria. Gli abbracci sarebbero virtuali ma non perderebbero quella carica e quella sensibilità di cui le giovani leve sarebbero vivaci interpreti. E chissà che un’attività educativa del genere non possa trovare compiuta realizzazione a scansione temporale, mensile o trimestrale, ed estendersi ad un bacino di utenza sempre più ampio.
CONSAPEVOLEZZA- La consapevolezza può fare la differenza. Ne siamo sicuri. Siamo convinti che il rinnovamento morale possa e debba partire dai più giovani per poi riversarsi nel mondo del calcio, e dello sport più in generale, con determinazione e nuova linfa. Fermiamoci anche noi per un attimo come McKennie davanti agli insulti sguaiati e ai versi gutturali. Prendiamone atto e alziamo la testa. Più in alto degli spalti, più in alto dello stadio. Verso il cielo. Lo stesso di tutti.