“Bisogna riuscire a mantenere la nave salda in un mare in tempesta” ha detto Giorgio Chiellini in merito al difficile momento di casa Juventus. La vittoria contro lo Spezia è infatti servita a tamponare la rovinosa caduta di questo avvio di stagione, ma le acque come detto dal capitano bianconero sono lontane dall’essere tornate limpide e calme.
Tempesta, appunto. Nel fisico nella testa e nelle emozioni di questa Juventus prima ancora che nel gioco e nel fisico. In questo inizio di stagione bianconera si è parlato tanto di gioco latitante, di una Juventus diventata poco squadra, male assemblata, senza giocatori compatibili tra di loro e bene assortiti. Tutte valide obiezioni.
Eppure, il problema principale degli uomini di Allegri sembra essere stato proprio quello che sino a qualche anno fa era la sua più grande forza: la mentalità. Quello strapotere e dominio psicologico che, semplicemente, consentiva di mettere in tasca i tre punti ancora prima di scendere in campo. Sgambetto dopo sgambetto, anno dopo anno, nel corso di un paio di stagioni la Juventus è tornata “umana”. Qualsiasi avversario va a Torino con la voglia e la consapevolezza di potersela giocare e sa che i bianconeri hanno punti deboli da poter sfruttare per tentare il miracolo. Non solo. La paura, la pressione, la frenesia, i tanti errori. I giocatori hanno perso la tranquillità che permette di gestire e concretizzare gli episodi della partita. Tutta la vulnerabilità e l’insicurezza della Juventus si è convertita nei risultati di questa stagione, ed ecco che l’iconico “Clamoroso al Cibali!” è stato rispolverato più volte, sta volta in salsa bianconera.
E’ questa la vera sfida di Allegri. Che mentre nella sua prima avventura torinese ha ereditato da Antonio Conte una squadra psicologicamente quadrata, affamata, presente, grintosa, vincente nell’animo, oggi si trova a prendere in mano un gruppo sballottato tra il “calcio liquido” di Pirlo, il Sarrismo, e i residui del primo Allegri. Né carne né pesce, si direbbe con una metafora culinaria. La risalita passa da due parole: Identità. Mentalità.
Ecco perché è essenziale tornare a macinare vittorie, a incamerare certezze. La sfida contro la Sampdoria è fondamentale per dare fiato alla timida fiammella della vittoria di mercoledì.
Siamo sempre al “serve tempo”, dunque. E chi pensa che sia solo un problema di allenatore, o di giocatori, non ha ben chiaro quanto sia difficile rimettere in rotta la barca dopo mesi di mare aperto. Il problema è proprio questo.
“In porto la nave ci arriverà. Se un po’ ammaccata o a vele spiegate lo vedremo, ma in porto arriverà” ha detto Chiellini.
Giustissimo. A Torino, però, la barca sono storicamente abituati a vederla arrivare in un solo modo. A vele spiegate. Possibilmente prima. Possibilmente con distacco.
Il lato positivo? In un mondo di poca pazienza sono pochi gli allenatori a cui sarebbe concesso il tempo e la fiducia di poter fare un lavoro simile mettendo i risultati in secondo piano. Uno di questi è Allegri.