Un frizzante Michel Platini risponde alle domande de La Gazzetta dello Sport e condivide il suo ricordo di Maradona.
DOTI TECNICHE- L’ex bianconero traccia un profilo dettagliato dell’argentino: “Diego aveva tutto, tutti i mezzi tecnici per essere un campione: il piede sinistro era favoloso”-riconosce Michel Platini, ricordando anche un’altra caratteristica di Maradona: “Aveva una rapidità che io purtroppo non ho mai avuto. Però lui era più un attaccante, una seconda punta e invece io molto più centrocampista: eravamo diversi”. Del resto ” non diventi Maradona se non nasci con questi mezzi”, ammette Le Roi.
IL PRIMO INCONTRO- Platini racconta la prima volta che ha avuto occasione di conoscerlo di persona. Accadde a Buenos Aires nel 1979, durante la partita Argentina-Resto del Mondo. “C’eravamo io, Rossi, Tardelli e Boniek, allenati dal vostro Enzo Bearzot che mi aveva voluto in squadra- spiega Michel– Dall’altra parte i campioni del 1978 con Diego ancora giovanissimo”. Ma già grande come i più grandi della storia del pallone, quelli che segnano un’epoca. Per questo motivo Platini non vuole raffronti: “Come si fa a dire se sono meglio i Beatles o Battisti? Celentano o Jacques Brel? Sono paragoni che non hanno senso nella vita e neanche nel calcio”.
L’UOMO MARADONA- Una breve considerazione anche sul lato umano, segnato da una devastante fragilità. “Penso che Diego sia stato una persona molto gentile e generosa in un mondo che però l’ha aiutato poco -riflette l’ex fuoriclasse bianconero- Tutti quelli che lo frequentavano dicevano che fosse molto simpatico, ma forse non gli hanno dato quello di cui aveva veramente bisogno”.
SUGGESTIONE- C’è, infine, spazio per un racconto di cui pochi sono a conoscenza. Il club partenopeo sarebbe stato sulle tracce di Platini, come lo stesso francese ammette: “Non so se l’Avvocato Agnelli sognasse una Juve con me e Maradona assieme, ma Dal Cin aveva provato a portarmi al Napoli“. Un affare che se fosse andato a buon fine avrebbe comportato un cambio di numero: “Gli avrei lasciato la maglia numero 10 perché era a casa sua e io avrei preso la 20, che vale il doppio”, conclude ironico Platini.