Le parole di condanna di Giorgio Chiellini riguardo al fenomeno del razzismo.
CAMPIONE – Giorgio Chiellini è un campione dentro e fuori dal campo e, il tredicesimo posto nella classifica del pallone d’oro all’età di 37 anni, testimonia come il capitano della Juventus sia a tutti gli effetti uno di quei giocatori che continuano a scrivere la storia del calcio. Chiellini, oltre ai meriti calcistici, si è sempre fatto trovare vicino a tematiche che non appartengono al calcio giocato, ma, purtroppo, ne fanno parte. In particolare, un tema che sta molto a cuore al centrale della Juventus è quello del razzismo e, a tal proposito, il Guardian ha pubblicato un estratto di un report del FIFpro all’interno del quale il difensore della Juventus prova ad avanzare le soluzioni da adottare in cinque punti. Di seguito le parole di Chiellini riportate da TuttoSport:
“Oggi il calcio italiano affronta un’altra sfida: l’orribile razzismo vissuto dai giocatori di colore o in generale dal diverso background etnico. In questa stagione abbiamo già visto tanti incidenti e da italiano mi vergogno. Da calciatore mi sono preso la mia giusta dose di insulti dagli spalti ma mai abusi legati a qualcosa che è parte di me, come il colore della pelle, il genere o la sessualità. Non potrò mai capire come ci si sente ma so che è inaccettabile e bisogna fermarlo. Non so esattamente cosa vada fatto ma so che dobbiamo fare di più. È responsabiità di tutti agire, me compreso.”
i cinque punti di Chiellini:
“Uno, bisogna capire che questa battaglia è la mia battaglia. Due, autoeducarsi: non ho tutte le risposte ma posso ascoltare e imparare. Tre, amplificare la voce degli altri: non starò in silenzio ma non parlerò per conto di chi vive la discriminazione ogni giorno. Piuttosto amplificherò le voci degli altri, sottolineando per esempio quello che hanno detto Koulibaly e Osimhen dopo la partita di Firenze. Dobbiamo ascoltare queste persone e tutti quelli che hanno il coraggio di parlare delle proprie esperienze. “Quattro, provare a migliorarsi anche quando non piace. Si fanno errori ma non significa che dobbiamo mollare o non provarci. La cosa più importante è che quando sbagliamo, ci assumiamo la responsabilità di migliorare. Cinque, capire che il dibattito non riguarda se stessi. Mi fa male quando vedo i miei colleghi e i miei compagni di squadra insultati ma mi rendo anche conto che devo gestire le mie emozioni, perché non sono io la vittima. Ecco, è questo che possiamo fare noi calciatori. Ovviamente serve uno sforzo di tutti, Federazioni, Leghe, club, autorità, governi per affrontare seriamente la questione ma io continuerò ad alzare la voce per incoraggiare gli altri ad agire. Tutti noi condividiamo la responsabilità di risolvere questo problema. Anche noi che non viviamo direttamente l’esperienza della discriminazione dobbiamo alzarci ed essere degli alleati migliori”.