I bianconeri subiscono al Ferraris una rimonta inaspettata da un Genoa più motivato e con una maggiore voglia di vittoria. Nell’appuntamento del giorno dopo tracciamo una riflessione sui principali temi tattici dell’incontro.
MOTIVAZIONI – La Juventus già aritmeticamente in Champions League approccia la gara con i rossoblu con l’idea di poter operare il sorpasso al Napoli al terzo posto. Ma senza perdere di vista il prossimo importante impegno, l’appuntamento dell’11 maggio, con l’Inter. A tale scopo Max Allegri adotta un 11 funzionale alla gestione degli uomini chiave e delle energie. Rientra dal primo minuto Cuadrado, con De Sciglio dall’altra parte e Bonucci e Rugani centrali. Nuova chance da titolare per Miretti affiancato da Arthur e Rabiot. Dybala si riprende il posto sulla trequarti alle spalle di Kean e Vlahovic. Come accaduto spesso in questa stagione, i bianconeri lasciano il pallino del gioco agli avversari e preferiscono serrare i ranghi e ripartire in velocità. Il Genoa si riversa in avanti passando dalla tecnica di Amiri allo strapotere fisico di Portanova e, pur non impegnando Szczesny in grossi interventi, si fa vedere con frequenza dalle sue parti per tutta la prima frazione di gioco. Tanta e tale è la spinta del pubblico di casa che accompagna la manovra dei gialloblu e mina le certezze degli ospiti che la Juventus fa fatica a controllare il gioco, con gli attaccanti serviti sovente spalle alla porta e ben arginati da Bani e Ostigard. Positiva la prestazione di Fabio Miretti, dopo i bei segnali del match con il Verona. Il diciannovenne gioca con la personalità del veterano e si disimpegna bene nei compiti che è chiamato a svolgere: mezz’ala dal primo minuto, poi reg ista con l’ingresso di Zakaria.
LE FASI DELLA GARA – L’andamento dell’incontro si può riassumere in tre distinti momenti: ad un primo tempo di sostanziale equilibrio è seguita una ripresa che nei primi 20 minuti ha visto il gioco essere condotto dalla scuola di Massimiliano Allegri, poi l’imprevedibile reazione finale dei genoani che hanno ribaltato risultato e ogni previsione. In ciascuna fase comunque, il Grifone ha dato la sensazione di poter impensierire i bianconeri, con la testa già alla finale di Coppa Italia. A far pendere l’ago della bilancia dalla parte degli uomini di Blessin, sono stati almeno due fattori: il duello sulle fasce e le occasioni sciupate. Per buona parte dell’incontro, è soprattutto nei decisivi momenti finali, la Juventus è venuta meno negli interpreti laterali. Cuadrado, in evidente ritardo di condizione, è stato schierato al solo scopo di far mettere minuti preziosi nelle gambe. La sua prestazione anonima ne è la dimostrazione. L’omologo dalla fascia opposta, De Sciglio, fa anche peggio. Prima non legge il prevedibile filtrante di Amiri in occasione del pari rossoblu, poi tocca Yeboah e manda Criscito sul dischetto per il definitivo 2-1. Le note liete giungono da un Dybala, purtroppo predicatore nel deserto, poi sostituito – crediamo – per la medesima logica della gestione sparagnina delle risorse. La Juventus ha anche prodotto interessanti situazioni offensive una volta superata l’avvolgente ragnatela genoana per vie centrali. Ma ieri sera Moise Kean ha fallito comode occasioni che andavano sfruttate meglio. Dal colpo di testa alto sullo 0-0 a numerose palle gol per il raddoppio fino alla clamorosa chance di firmare l’1-2 immediatamente successiva al pareggio del Genoa. In quest’ultimo caso il subentrato Morata aveva fatto ripartire la squadra e servito a Kean un cioccolatino da scartare con la porta sguarnita. Tanta imprecisione non è rimasta impunita e la Juventus è uscita dal Ferraris con la beffa finale. Non è una sconfitta che fa particolarmente male ai fini di una classifica che fa ormai poco altri da dire, ma i bianconeri non arrivano di certo al big match con l’Inter nel migliore dei modi. Si poteva fare molto di più.