Il guizzo di Cuadrado nei minuti finali regala ai bianconeri tre punti importanti contro una Fiorentina in dieci uomini dal 73′ per l’espulsione di Milenkovic. Pur con grandi difficoltà sul piano del palleggio, la squadra di Allegri dimentica i passi falsi con Sassuolo e Verona e ottiene un nuovo successo in campionato. Analizziamo le principali chiavi tattiche del match nella nostra rubrica del giorno dopo.
DIFFICOLTA’ – La gara di ieri sera ha visto la Juventus palesare le ormai note fatiche nella costruzione della manovra, quelle che il match con lo Zenit sembrava aver lasciato alle spalle. I bianconeri ci ricascano, incappando in una pressoché totale incapacità di guadagnare metri e dominio territoriale. La squadra di Italiano impostava un pressing intenso e gli uomini di Allegri riuscivano solo parzialmente ad arginarlo. Per oltre 70 minuti il copione tattico vedeva una Fiorentina cercare il possesso palla e una Juventus molto attendista, con ranghi serrati e baricentro basso. Le iniziative si limitavano spesso al lancio lungo per le punte, in più di un’occasione tentato da Danilo. Ancora una volta si è materializzato l’atteggiamento rinunciatario delle scorse settimane: contro centrocampi di buoni palleggiatori, i bianconeri faticavano a toccare tanti palloni e a gestirli bene per produrre azioni manovrate. La pressione solitaria di Morata aveva arrecato qualche problema alla retroguardia viola, con Terracciano che quasi si faceva sorprendere dal numero 9. Ma è mancata la conduzione collettiva del pressing, quella che avrebbe potuto sostanziare il lavoro dell’ex Real Madrid. E così la buona intraprendenza di Morata non incontrava la lucidità di Dybala, quando, in una situazione di palla rubata agli avversari, il numero dieci si coordinava male nel concludere altissimo il suggerimento in orizzontale del compagno. Non si spiega perché la squadra di Allegri abbia rinunciato alle giocate di prima e a i movimenti senza palla, che molto bene avevano funzionato in Champions League. E così il baricentro diveniva via via più basso e i maggiori pericoli per la Juventus giungevano dal lato di Alex Sandro e Rabiot. Gli interpreti della fascia mancina non hanno letto bene le iniziative di Odriozola e Callejon. Il difensore viola, in particolare, ha beneficiato di una certa libertà di manovra che egli ha saputo sfruttare a pieno. Lo si vede bene nell’azione del primo tempo che ha portato al tiro il numero 8 Saponara: Odriozola ha beffato Sandro e Rabiot (i numeri 12 e 25) in velocità e ha guadagnato il fondo, palla a centro area per il rimorchio di Saponara e conclusione alta di quest’ultimo.
LE NOTE POSITIVE – La prestazione collettiva è, dunque, da rivedere. Molto più incoraggianti le indicazioni dai singoli. Rugani e de Ligt hanno sopperito con personalità e sicurezza all’emergenza dell’ultimo minuto in difesa. Vlahovic è stato arginato bene dalla coppia di centrali bianconeri e ha toccato pochissimi palloni, nessuno dei quali in zone “calde”. L’attenta marcatura sul centravanti ha costretto la Fiorentina a non cercare la punta con le verticalizzazioni, spostando il fulcro del gioco sulla sovrapposizione esterna. Rugani e de Ligt prendevano con lo scorrere dei minuti le misure a Vlahovic, come mostra l’immagine successiva. Sull’iniziativa di Callejon dalla destra, il lato di Rabiot e Sandro, il numero 9 viola era ben controllato da un’azione di reparto ben allestita: il numero 24 Rugani andava sull’uomo mentre l’olandese si preoccupava di seguire il traversone dell’esterno avversario. Il cross sarà poi smanacciato da Perin ma la marcatura fisica e di concetto su Vlahovic è stata impeccabile.
LA GARA DI MCKENNIE E LA SVOLTA – La fase di prima impostazione dell’azione risultava troppo scolastica. Eppure la linea altissima della squadra viola si prestava ad un’aggressione della profondità che poteva generare buone occasioni per i padroni di casa. Nella conduzione generale della gara si è esaltato Weston Mckennie in grande spolvero nelle ultime partite. L’americano ha disputato un match di grande quantità e qualità, dimostrandosi sempre sul pezzo. L’ex Schalke, forte della fiducia dell’allenatore che lo ha preferito a Bentancur dal primo minuto, ha occupato molto bene gli spazi. Rispetto alle precedenti uscite, Mckennie ha limitato gli errori tecnici offrendo, poi, un bagaglio di soluzioni tattiche molto variegato: inserimenti centrali e sull’esterno, smarcamenti risolutivi di situazioni ostiche, corsa e movimento senza palla. Biraghi ha sofferto molto il suo dinamismo tra le linee ma ancor più significativa è la statistica sui dribbling riusciti. Il texano ha messo a segno cinque degli undici dribbling della Juventus, quasi la metà dei totali della squadra. La svolta della partita è avvenuta al minuto 73: Chiesa in ripartenza viene fermato fallosamente da Milenkovic. E’ il secondo giallo e la viola resta in 10 (Vedi slide). La superiorità numerica olia alcuni meccanismi e dota i bianconeri di un pizzico di incisività in più. Al di là delle buone gare dei singoli comunque, Allegri deve compiere un lavoro diverso sulla manovra corale. La Juventus ha gravissime pecche nella costruzione del gioco e quel che preoccupa è che il tecnico non pare interessato ad apportare soluzioni tattiche che migliorino il possesso palla della squadra. La bella gara con lo Zenit doveva essere un punto di partenza lungo la strada che conduce ad un più convincente approccio alle partite. La sensazione è che sia stata soltanto una rondine di propositività che non fa la primavera della crescita collettiva.