Il vice di Allegri, Landucci, corregge in corsa una squadra che stava subendo le iniziative avversarie. L’incredibile ribaltone operato dalla Juventus ai danni della Roma presenta interessanti spunti tattici che andremo ad analizzare nella consueta rubrica del giorno dopo.
UN PRIMO TEMPO SCIALBO – Non brilla la squadra di Allegri nella prima frazione di gioco. L’avvio sprint dei giallorossi manda fuori giri il centrocampo bianconero che subisce molto le combinazioni tra le linee degli uomini di Mourinho. I giallorossi trovano il vantaggio su una disattenzione della retroguardia di Madama: Rugani e Bentancur si perdono Abraham in marcatura su corner e la punta inglese non perdona. Negativa la prestazione del centrocampista uruguaiano che mai è riuscito a far valere muscoli e centimetri in una gara che necessitava della sua verve in mezzo al campo. Si accende, invece, Federico Chiesa in una delle ormai note sgroppate sulla fascia. Il numero 22 viene continuamente cercato e servito sulla corsa, un copione già visto nella precedente gara con il Napoli. Da una sua iniziativa nasce il suggerimento al centro per Dybala che dalla sua mattonella piazza il mancino vincente. Il pareggio non rinvigorisce i bianconeri che si affidano ancora alle giocate dei singoli. In particolare, oltre a Chiesa, la Juventus cerca, ma non trova Moise Kean. L’attaccante si fa “mangiare” da Smalling e non fa un buon lavoro spalle alla porta. La sua prestazione insufficiente è certificata dal dato sui palloni toccati. Lo score è impietoso: l’ex Everton fa un passaggio ogni sei minuti, dieci in un’ora molti dei quali sbagliati.
CAMBI AZZECCATI – L’infortunio occorso a Federico Chiesa cambia le carte in tavola. La Juventus è ora costretta a modificare il proprio modo di giocare. In un primo momento l’ingresso di Kulusevski, subentrato a Chiesa, non sortisce effetto. Lo svedese è evanescente e conduce una prestazione non all’altezza. Tante le giocate sbagliate, numerosi i palloni persi. I bianconeri stanno a guardare il micidiale uno-due dei padroni di casa fino a quando Landucci valuta due sostituzioni. Morata e Arthur rilevano Kean e Bentancur. E’ il momento decisivo: la fase di possesso della Vecchia Signora si trasforma da confusa e improduttiva a ordinata ed efficiente. Un vulcanico Morata taglierà in due la retroguardia di Mou. Lo spagnolo svarierà su tutto il fronte d’attacco, ora da punta centrale, ora da seconda punta, ora da esterno del tridente. La sua gara è un manuale del perfetto attaccante, gli mancherà soltanto il gol ma metterà lo zampino in tutte le azioni. La presenza di Arthur, poi, davanti alla difesa è l’altra fondamentale chiave tattica dell’incontro. Il brasiliano consentirà ciò che non era mai accaduto nella prima frazione di gioco. La Juventus potrà sganciare con maggiore frequenza due centrocampisti abili nell’inserimento. Emblematica in tal senso l’azione che porta alla rete di Locatelli. Morata è bravissimo nel liberarsi della marcatura avversaria e a fornire il cross tagliato per la testa vincente dell’ex Sassuolo. Ma nella stessa circostanza l’area di rigore era ben presidiata. Oltre a Locatelli, infatti, era presente anche Mckennie, appostato sul secondo palo. I bianconeri attaccavano con più uomini la metà campo avversaria sfruttando a proprio favore il lavoro “sporco” di Arthur. Il finale pirotecnico con rosso e calcio di rigore non modifica di molto la valutazione dell’andamento tattico della partita. Gli equilibri sono stati costantemente demoliti da episodi non bene interpretati dalle due linee difensive. Il finale è una lotta con le unghie, i denti e… il turbante di Chiellini per portare a casa un risultato prezioso anche per il morale. Da Roma la Juventus esce con la consapevolezza che Arthur e Locatelli possono giocare insieme (perché Allegri non ha percorso prima questa strada?) e che il carattere può guidare la reazione della seconda parte di stagione. Ora sotto con l’Inter.