La sconfitta interna del mercoledì di Champions League apre la strada ad uno strapiombo di incertezza e paura che va ben oltre il significato di una sconfitta in uno scontro diretto con il Benfica. La Juventus non ha soltanto visto sfumare la possibilità di volgere a proprio favore l’inerzia della qualificazione. Ma ciò che la sconfitta dell’altra sera ha certificato sono preoccupanti limiti strutturali che coinvolgono la società a tutti i livelli. Dalla dirigenza che incappa con gusto quasi sadico nei medesimi errori degli ultimi anni. Da Allegri a Sarri a Pirlo e ritorno ai fasti del passato. Senza fasti e con poco futuro. Un importante rosso di bilancio attesta quanto abbia vacillato la programmazione della Vecchia Signora. Un mercato dei soliti parametri zero con gli ingaggi faraonici e una linea verde, che più che verde, assume all’occorrenza il colore del prestito o della plusvalenza, completano il film dell’orrore della gestione Agnelli.
Il secondo livello non può non toccare la guida tecnica. Qui i limiti di Massimiliano Allegri cozzano con quanto richiede un naturale e automatico evolversi del calcio nel tempo. Il tecnico di Livorno è fermamente convinto di riuscire ancora a ritoccare il suo giocattolo prima, durante e dopo la gara per fargli assumere l’aspetto da lui desiderato. I primi mesi di stagione catapultano, invece, il vate del corto muso contro una realtà che viaggia a cento all’ora e che non aspetta retrogradi pensieri calcistici. La calma predicata da Allegri ha finito per addormentare la Juventus. Max se n’è accorto?
Dall’allenatore, l’ala della crisi si dispiega sui calciatori. Amalgama mal riuscita di pochi attempati campioni, giovani luci che si accendono ad intermittenza ed assolute meteore, la rosa messa a disposizione dell’allenatore è si costosa, ma più per effetto di malati meccanismi di mercato che per effettivo valore tecnico. Dusan Vlahovic è l’ombra di sé stesso. Nelle ultime gare tocca meno palloni del portiere e quelli che tocca non riesce ad addomesticarli. Mister 90 milioni, giunto da Firenze tra gli starnazzamenti iracondi e i goffi lamenti di Commisso, val bene un Milik. E a voler pensare male verrebbe da domandarsi se il serbo non sia messo in campo soltanto per l’imponente investimento che la Juventus ha deciso di sfoderare lo scorso gennaio.
In ultima battuta, non sono esenti dalla partecipazione all’involuzione bianconera i tifosi. Uno Stadium così vuoto non si era mai visto. Una campagna abbonamenti così poco partecipata lascia intendere un disincanto del supporter di Madama che si traduce poi sul web in accorati appelli all’esonero immediato dell’allenatore e suggerimenti per i possibili sostituti. Il punto di non ritorno è insomma stato raggiunto. E adesso per rivedere la luce si rende necessario un repulisti a più livelli. Non è più il tempo di dare tempo. È il momento di azzerare e ripartire dalla programmazione. È tempo di voltare pagina.