Lazio-Juventus sarà anche motivo di confronto tra due grandi allenatori del nostro panorama calcistico.
INCROCI – Una sfida dai mille risvolti, la cui trama è tutta da scrivere. Al di là della mera gara calcistica, aleggia un groviglio ricco di aspetti intorno a Lazio-Juventus, in programma sabato alle 18.
Sarri ritroverà il suo passato, un’avventura “indigesta” da cui è fuggito dopo soltanto un anno: tempo di vincere uno scudetto e di dire addio alla squadra che, per anni, ha provato a contrastare con il gioco effervescente espresso al timone del Napoli. Un divorzio piuttosto scontato, dato che in molti avevano auspicato che quel matrimonio non avrebbe funzionato per una serie interminabile di motivi: dal suo atteggiamento un po’ troppo sopra le righe e quindi non “idoneo” all’ambiente Juve ad un’idea di gioco incapace, secondo lui, di essere espressa adeguatamente dagli interpreti bianconeri.
Sarà anche una sfida, però, a suon di “neologismi”. Allegri e Sarri, infatti, hanno contribuito anche ad arricchire il nostro vocabolario, entrando nel cuore degli Italiani. Dopo il “sarrismo“, diventato patrimonio della Treccani nel 2018, anche “corto muso” ha fatto il suo ingresso nella sezione neologismi della celebre enciclopedia. Due termini che evocano due filosofie di gioco completamente distinte, sebbene siano accomunate da un’unica costante: la vittoria.
Nello specifico, il termine “sarrismo” evoca una “concezione del gioco fondata sulla velocità e la propensione offensiva”, condita da una discreta dose di estetica, anticonformismo e leziosità. Però è anche molto altro, ad esempio “il modo diretto e poco diplomatico di parlare e di comportarsi tipico dell’allenatore Sarri”. Proprio lui, che non ama le conferenze stampa, che se deve dire qualcosa lo fa senza troppi giri di parole, che rifiuta gli stereotipi anche nell’abbigliamento. In panchina, ad esempio, non si è mai presentato in giacca e cravatta, e perfino alla Juventus polo e pantaloni casual è stato il massimo della concessione.
Capitolo “corto muso”. L’espressione nasce «nelle gare ippiche su pista» e significa «minimo distacco, corrispondente al muso del cavallo, con cui si può battere il concorrente che segue». Allegri, che non ha mai fatto mistero del fatto che fin da piccolo abbia frequentato le sale corse e gli ippodromi insieme al nonno, la usa il 13 aprile 2019 quando, durante una conferenza post Spal-Juventus, nel commentare l’inattesa sconfitta per 2-1 che significò il primo match ball scudetto sprecato, sintetizzò la sua pragmatica filosofia calcistica: per conquistare lo scudetto non serve accumulare chissà quale vantaggio di punti, ma come succede proprio nell’ippica «basta mettere il musetto davanti, corto muso!». Al fotofinish, insomma. In conseguenza di ciò, l’imperativo di Max è essenzialità e pragmatismo: è la sostanza, quindi, l’unica cosa che conta, perché alla “forma” ci pensa lui, da buon comunicatore quale si è rivelato nel tempo. Maestro di stile, di eleganza, che strappa sorrisi con le sue battute, senza però mai andare fuori dagli schemi.
Due mondi agli antipodi? Si potrebbe dire di sì, ma con un precedente che li accomuna: la gavetta. La prima volta che Massimiliano Allegri e Maurizio Sarri si sono affrontati in panchina era il 16 novembre 2003, Girone B di Serie C2: l’ambiziosa Sangiovannese dell’ex bancario sempre in tuta e dalle mille scaramanzie contro la giovane Aglianese di mister Allegri. Dopo ben diciotto anni, si può definire considerevole il salto compiuto dai due allenatori. Lazio-Juve è una sfida, ormai, ad alta quota.