Talenti come Fagioli e Dragusin non devono assumere mero valore economico ma, sulla scia di Musiala, possono e devono rappresentare utile risorsa aggiunta di campo.
CORAGGIO – Tutti abbiamo negli occhi la rete e la prestazione maiuscola di Jamal Musiala, diciotto anni il prossimo 26 febbraio, nella trasferta romana di ieri sera del Bayern Monaco campione di tutto. La presenza dal primo minuto del gioiellino del centrocampo bavarese non è soltanto la pronta risposta ai numerosi infortuni che le squadre di tutto il mondo fanno registrare. Ma è il risultato di una vera e propria politica di investimenti sulle giovani leve di questo sport che, in un paese come la Germania e come molti altri d’Europa, permette ai club di godere dei frutti dolci e saporiti di una sapiente e accurata coltivazione sportiva. In Italia l’esigenza dell’ottenere immediati risultati, evidente epifania della cultura opprimente del vinci subito, pare non collocare tra le proprie priorità strutturali la crescita dei giovani. In tal senso il movimento calcistico italiano risulta in colpevole ritardo, con qualche timido segnale di vita negli ultimi tempi, quando la Juventus ha creato una propria squadra B e ha deciso di avviare il progetto giovani. Ma questo può non essere sufficiente, soprattutto se viene frainteso il significato e il potenziale sportivo di una propria “cantera”.
TRA CAMPO E BILANCIO – Sempre più spesso la lista dei convocati di mister Pirlo per affrontare i tanti impegni della Juventus si è arricchita della folta presenza di calciatori pescati nel gruppo guidato da Lamberto Zauli. Talenti come Fagioli e Di Pardo hanno bagnato con il Crotone il proprio esordio in serie A. Qualche settimana prima tra Genoa e Spal la Coppa Italia era stata il palcoscenico dal quale campioncini in erba come Wesley, Dragusin, Frabotta e Rafia avevano avuto l’occasione di mettersi in luce con buone prestazioni e qualche lampo di frizzante gioventù. Per Dragusin si deve segnalare anche un gettone in Champions League nella gara con la Dynamo Kiev. Manolo Portanova e il già citato Gianluca Frabotta possono vantare rispettivamente tre e tredici presenze in serie A. Se dovessimo tracciare un fil rouge che lega e accomuna le esperienze in prima squadra dei giovani sopra menzionati potremmo dire, senza tema di essere smentiti, che il loro impiego ha assunto più i tratti del cerotto che tampona la ferita dei titolari assenti che non un programmatico lancio della linea verde bianconera. Per intenderci, un Fagioli titolare in un ottavo di Champions come il Musiala di ieri sera non è stato ancora possibile vederlo. Portanova è stato girato al Genoa nell’operazione Rovella. Su Frabotta Pirlo ha puntato finché il destino ha riservato ai bianconeri penuria di terzini sulla corsia mancina. La sensazione è che non si voglia correre fino in fondo il rischio di affidarsi ai baby talenti. Fino a quando il vivaio bianconero sarà pensato in funzione di provvidenziale salvadanaio di bilancio, la sua portata verrà fuori ridimensionata. Bisognerà, al contrario, armarsi di coraggio e attingere a piene mani alla linea verde. Si compirà così il passo decisivo verso la consacrazione sportiva e di campo, ben più remunerativa e soddisfacente.