La scomparsa del tecnico ha sconvolto il mondo del calcio
MORTE – Qualche giorno fa è arrivata la notizia che tutti si aspettavano, ma che nessuno voleva sentire: il decesso di Sinisa Mihajlovic. Le sue condizioni si erano aggravate nelle ultime settimane, dopo una battaglia con la leucemia durata tre anni. La malattia, la ripresa, la ricaduta: nonostante queste fasi delicate, non ha mai abbandonato il suo lavoro, il suo Bologna. Tant’è che con il peggioramento della sua salute, i dirigenti felsinei gli hanno chiesto le dimissioni, ricevendo una secca risposta: “Non mi dimetto, cacciatemi”.
BIO – La forza d’animo di Mihajlovic è stata ammirevole, ma viene da lontano. Non deve essere stato facile essere un ventenne tra le macerie dei Balcani negli anni ’90. Figlio di mamma croata e papà serbo, è stato testimone della guerra civile che ha contrapposto le due etnie da cui è nato. Uno scenario di amici che si ammazzavano e famiglie dilaniate dai bombardamenti e dal dolore. Il vissuto di quel dramma lo ha forgiato nel profondo, rendendolo il “sergente” che tutti hanno imparato ad apprezzare.
TALENTO – A differenza di gran parte dei suoi coetanei impegnati a combattere per la sopravvivenza, Sinisa era uno dei talenti più cristallini del panorama calcistico europeo. Nel 90-91, a soli 22 anni, vince una storica Champions League con la Stella Rossa ed è protagonista assoluto. Nella semifinale di ritorno con il Bayern Monaco trova il goal su una splendida punizione da 30 metri, suo marchio di fabbrica. In finale segna il suo rigore nella lotteria decisiva. Il suo apporto non si limita solo ai goal: disputa prestazioni eccezionali ogni volta che è chiamato in causa.
ITALIA – Poi si trasferisce nel nostro paese, si innamora e non lo lascia più. Gioca nella Roma, nella Samp e nell’Inter, diventa una bandiera della Lazio con cui vincerà uno scudetto. Stabilisce il record di 28 punizioni segnate in Serie A, ancora imbattuto. In campo Mihajlovic è classe, tecnica e temperamento. Un giocatore straordinario sotto tutti i punti di vista. Come allenatore, si fa rispettare e amare in tutti i club che lo ingaggiano, dal Catania al Torino, passando per la Fiorentina, la Sampdoria e arrivando all’ultima tappa della sua vita, il Bologna. Il suo incarico più prestigioso è al Milan nella stagione 15-16.
COMMOZIONE – I messaggi degli addetti ai lavori indicano quanto fosse ben voluto da tutti. La sua dipartita ha unito in un unico abbraccio i tifosi della Lazio e della Roma, quelli dell’Inter e del Milan, senza dimenticare tutti gli altri club in cui ha militato sia da giocatore che da allenatore. Tanti suoi compagni, avversari e allievi gli hanno reso omaggio: da Totti a Del Piero, da Agnelli ad Arnautovic. Marchegiani ha appreso la notizia in diretta con Caressa, mostrandosi distrutto, mentre Maldini era in lacrime durante il minuto di silenzio in suo onore. La grandezza di un campione dentro e fuori dal campo la si può vedere da qui: dalla capacità innata di mettere tutti d’accordo. Ciao Sinisa!