La bufera che ieri ha colpito il club bianconero è soltanto un frammento di una decadenza legata ad una serie di scelte poco lungimiranti compiute negli ultimi anni.
RITROVARSI – Chiamatelo fulmine a ciel sereno. Chiamatelo temporale il cui arrivo era nell’aria già da tempo. Una cosa, però, è certa: la Juventus sta diventando sempre più vittima di sé stessa, di un insieme di scelte che potrebbe pagare a caro prezzo. In poco tempo, la società rischia di passare dall’azzeccata progettualità che ha contraddistinto il proprio modello, unico nel calcio italiano e invidiato in Europa, ad un’ossessiva volontà di migliorarsi ancora, scegliendo però d’un tratto con poca lucidità e coerenza e stravolgendo parte di quelle linee guida che grande l’hanno resa.
Nella serata di ieri si è aggiunto un altro, purtroppo non positivo, capitolo alla saga bianconera. La Procura di Torino ha aperto un’indagine a carico della dirigenza a seguito della verifica ispettiva avviata dalla Consob lo scorso luglio e della relazione da parte della Covisoc, che aveva già portato la Procura della Figc ad aprire un fascicolo. Al centro dell’operazione, denominata “Prisma”, ci sono alcune plusvalenze che non convincono gli organi inquirenti, che sospettano si sia trattato in più di qualche caso di operazioni con valutazioni dei giocatori “gonfiate” al fine di aggiustare i bilanci. Nel pomeriggio la Guardia di Finanza si è presentata alla Continassa, sede del club bianconero, per acquisire tutti i documenti necessari e in casa Juventus risultano sei indagati, tra i quali il presidente Andrea Agnelli, il vice presidente Pavel Nedved e l’ex Ceo (ora al Tottenham) Fabio Paratici.
Al di là degli eventuali rischi o sanzioni che potrebbe accollarsi la società, una domanda sorge spontanea. Come siamo arrivati fino a qui? E soprattutto a quando risale la genesi di tutto questo? Dal 2015 in poi la strada percorsa è stata quella dell’ossessiva plusvalenza, con un approccio al calciomercato caratterizzato da cessioni con il solo scopo di generare sempre più entrate, meccanismo che però ha provocato enormi lacune sotto l’aspetto qualitativo. Si spazia dalla cessione di Pogba per ben 105 milioni di euro, la più onerosa nella storia del club, a quella frettolosa di Kingsley Coman per soli 21 milioni di euro, quest’ultimo altro grande rimpianto vista la sua rapida ascesa con la maglia del Bayern Monaco.
Poi si è passati agli acquisti a parametro 0, intesi come la prospettiva giusta per rinforzarsi senza generare debiti. Un tentativo fallito però sul nascere: i vari Emre Can, Aaron Ramsey e Adrien Rabiot, solo per citarne alcuni, non hanno attribuito alla squadra quel valore aggiunto che si sperava, creando soltanto un generale sovraffollamento.
Capitolo allenatori. Le quattro successioni al trono, verificatesi negli ultimi quattro anni, dimostrano ancora una volta una scarsa progettualità e la poca lungimiranza mostrata nel saper colmare adeguatamente un compito importante come quello che deve ricoprire un vero condottiero. Prendiamo Andrea Pirlo: da allenatore dell’Under 23, si è visto catapultato in una dimensione lontana dai suoi standard e, privo di esperienza, si è ritrovato in alto mare nel ricostruire le macerie lasciate dai suoi predecessori. Per non parlare, infine, dei vari errori commessi sul mercato, con cessioni che hanno snaturato pian piano un centrocampo prima fautore di grandi successi.
La notizia di ieri, dunque, rappresenta soltanto la punta dell’iceberg, il capitolo di un romanzo calcistico che urge una necessaria e, a questo punto, inevitabile ricostruzione.