La Juventus non approfitta del passo falso dell’Atalanta, per avvicinarsi ancora di più al quarto posto, e viene fermata dalla Lazio. La reazione c’è stata, ma sul piano del gioco c’è ancora da migliorare molto
BICCHIERE MEZZO PIENO – È una Pasqua dolcissima per la Lazio di Maurizio Sarri, che ieri ha superato la Juventus all’Olimpico per 2-1 dopo una grandissima prestazione. Milinković-Savić prima e Zaccagni poi stendono i bianconeri, ai quali non basta il pari momentaneo di Rabiot verso la fine del primo tempo per tenere in partita gli ospiti. La superiorità tecnica e l’alchimia dei padroni di casa hanno avuto la meglio su una Vecchia Signora imprecisa, confusionaria e troppo attendista, che si è limitata a relegare le proprie trame agli sprazzi delle giocate individuali.
Specie nella prima parte della gara, la Juventus ha mostrato un atteggiamento molto remissivo, lasciando il pallino del gioco in mano ai biancocelesti. La squadra di Allegri si è rivelata efficace più che altro nelle ripartenze, mentre i limiti ormai strutturali si sono riscontrati di nuovo nella fase di costruzione della manovra: lenta, prevedibile e troppo macchinosa.
“Siamo entrati troppo molli. Il primo tempo è stato vergognoso, non abbiamo vinto un duello e abbiamo perso tutti i palloni. Nel secondo tempo molto meglio. Dopo il gol abbiamo avuto una reazione, ma non è bastato“. Vergogna è la parola utilizzata da Adrien Rabiot per descrivere i primi 45 minuti, un termine molto forte soprattutto se utilizzato da uno dei giocatori simbolo della Juventus, il migliore fra i centrocampisti a disposizione di Allegri.
Ciò che è emerso dalla sfida di ieri sera è che, come spesso è accaduto, i bianconeri hanno bisogno di ricevere uno schiaffo prima di svoltare, sia dal punto di vista tattico che da quello mentale. E infatti così è stato. Dopo aver subito il secondo gol, Landucci (che sostituiva Allegri, assente per problemi di salute) ha cambiato modulo passando da un 3-5-2 ad un 4-3-3, con l’ingresso di Federico Chiesa che ha portato maggiore brillantezza in zona d’attacco, presidiata da un Dusan Vlahovic anche ieri molto sotto tono. Nei minuti finali, la squadra si è dimostrata più arrembante e determinata ricercando, seppur invano, un pareggio che avrebbe reso meno amara la notte dell’Olimpico.
I giocatori hanno dato il meglio più con l’orgoglio, che non con principi tecnici definiti e chiari: una soddisfazione a metà, dunque, poiché si tratta di due componenti importanti alla stessa maniera nell’economia di una squadra. Se un aspetto è stato recuperato, sull’altro c’è anche da correggere il tiro e forse va fatto alquanto prima, perché qualcuno potrebbe perfino decidere di non restare per giocare in questo modo. Le parole di Rabiot, infatti, non significano proprio ciò?