Il mercato estivo non ha riservato colpi di scena sorprendenti e, in attesa dei botti della finestra di gennaio, è tempo di tracciare un bilancio dei primi mesi in bianconero dei tre ultimi arrivati. Un centrocampista, Locatelli, e due attaccanti, Kean e Kaio Jorge: questi i tre nomi nuovi che hanno affrontato il difficile banco di prova di indossare la maglia della Juventus. E di seguito i primi giudizi.

FARO DELLA MANOVRA – Giunto a Torino al termine di un’estenuante trattativa che perdurava dalla scorsa primavera, Manuel Locatelli ha coronato il proprio sogno di bambino di vestire la casacca della squadra del cuore e magari di aggiungere al poster dei suoi beniamini, anche il suo. Il centrocampista azzurro, fresco campione d’Europa con la Nazionale di Mancini, ha preso in mano le redini del centrocampo della Juventus e dimostrato di poter essere colui il quale mette ordine alle talvolta confuse idee bianconere in mediana. Pochi i minuti in campo al suo esordio, a Udine il 22 agosto, quando aveva da poche ore respirato l’aria della Continassa. Poi un avvio di stagione in crescendo. Il suo score recita 24 presenze in stagione (18 da titolare e 6 da subentrato) con 1674 minuti giocati. Quando l’ex Sassuolo ha garantito integrità fisica, Allegri si è sempre affidato ai suoi polmoni, alla sua visione di gioco, al suo ordine tattico e alla sua abilità nell’inserimento. Quest’ultima, in verità, avrebbe potuto essere una risorsa alla quale attingere con più costanza ma i compiti in fase di non possesso e la posizione in campo disegnata dall’allenatore non gli hanno consentito di giocare a pieno da mezz’ala. Il 26 settembre Manuel ha anche firmato il primo gol da iuventino nella gara casalinga con la Sampdoria. Sei giorni più tardi si è ripetuto con il guizzo che ha risolto il derby della Mole al foto-finish. Qualche infortunio di troppo lo ha appannato nelle ultime settimane. Nel complesso si può, però, reputare Locatelli la più riuscita delle operazioni estive. La Juve con lui in campo ha un altro passo. Promosso.

PRESSIONI – Moise Kean non può essere il sostituto di Cristiano Ronaldo. Quante volte abbiamo sentito risuonare questa frase? Tante, troppe. Con lo spropositato macigno di responsabilità a gravare sulle spalle del classe 2000. Kean si è ritrovato, suo malgrado, catapultato nella Juventus nel momento più complicato, quando anche il fuoriclasse più affermato si sarebbe trovato solo in una stanza alle cui pareti giganteggiavano le statistiche proibitive dell’alieno portoghese. E non sappiamo se avrebbe retto le pressioni. Di contro, è pur vero che vestire la maglia di una squadra di vertice reca in seno quell’aspettativa di vittoria che sostanzia il suo blasone. Siamo onesti nel dire che probabilmente Kean è stato schiacciato da quel carico, mediatico e non, molto superiore a quello relativo alla sua precedente esperienza in bianconero, quando, giovanissimo, si metteva in luce con reti pesanti ad ogni pallone toccato. La prima metà di stagione dell’ex Everton lo ha visto partire dietro a Morata nelle gerarchie di Allegri e soltanto gli infortuni di Chiesa e Dybala gli hanno consentito di scalare le gerarchie e di affiancare lo spagnolo nell’inedito tridente di dicembre. I mesi precedenti recitano di tanta panchina e qualche chance da titolare: a La Spezia Kean ha timbrato il cartellino con la prima rete dal suo ritorno alla Vecchia Signora. Di gol ne arriveranno altri tre: due in campionato, con la Roma ad ottobre e con il Cagliari pochi giorni fa, e uno in Champions, al Malmoe, nella partita che ha chiuso il girone. Chi nutriva aspettative molto alte per il classe 2000 azzurro, sarà rimasto deluso. Non può essere lui l’attaccante titolare della Juventus, anche se, gli va riconosciuto, non sarebbe stata impresa semplice per nessuno, dire la sua in bianconero in questo delicato momento storico. Bocciato.

SOSPESO – Un discorso a parte merita Kaio Jorge, il ragazzino del Santos sul quale la Juventus ha investito (poco) e creduto (ancor meno?). Praticamente invisibile per mister Allegri, il giovane talento ha pagato lo scotto di un ambiente competitivo e professionale, ma forse più grande di lui. Prima di relegarlo però al rango di pedina quantitativa più che qualitativa del reparto offensivo, si deve riflettere sul senso di un’operazione come questa. Chi voleva Kaio Jorge? E’ stata una richiesta dell’allenatore? O soltanto un’occasione di mercato a basso costo? I numeri relativi al suo impiego fanno propendere per la seconda ipotesi. Nove le presenze in campionato, nessuna dal primo minuto. Nella maggior parte ha disputato non più di 5 minuti. Zero, e non potrebbe essere altrimenti, la casella dei gol fatti. L’unica volta che è stato chiamato ad un minutaggio più ampio, nello scialbo pareggio di Venezia, non riesce mai a trovare la posizione tra le linee. Il ragazzo ha bisogno di giocare ma in palcoscenici diversi. Rimandato.