La stagione sportiva 2023-2024 è ormai è alle porte e la Juventus al netto di quello che potrà succedere nelle prossime ore, è una delle squadre che ha cambiato meno rispetto alla non indimenticabile stagione scorsa.
Un vantaggio? Probabilmente si ma le scelte in questa calda estate bianconera sono state parecchie soprattutto in termini di cessioni.
L’esclusione del club dalle competizioni europee e una spending review obbligatoria, dovuta agli eccessi di una gestione non oculata della precedente gestione Agnelli, hanno portato il nuovo corso a rivedere il progetto tecnico del club che deve diventare più sostenibile. Per poter alleggerire il bilancio, la Juventus ha deciso di rinunciare a centrocampisti del livello di Arthur (parzialmente parcheggiato a Firenze), Zakaria e Rovella. La scelta di far partire proprio quest’ultimo lascia più di un dubbio considerando quella che è la fisionomia attuale di una squadra che si appresta ad iniziare la stagione con più incognite che certezze.
Perché cedere uno dei talenti più promettenti, acquistato dalla Juventus nel 2021 che non ha mai avuto una chance in bianconero dopo i prestiti al Genoa e a Monza?
Rovella nell’ultima stagione in Brianza sembra aver fatto il definitivo salto di qualità prendendo in mano le redini di un centrocampo, quello di Raffaele Palladino, che raramente era disposto a rinunciare alle geometrie e al dinamismo del centrocampista di Segrate classe 2001.
Eppure dopo una scelta iniziale di non mettere il calciatore sul mercato, la Juventus ha deciso di sacrificare il calciatore perché non avrebbe avuto un minutaggio adeguato, accettando l’offerta della Lazio di Maurizio Sarri che si assicura il calciatore per circa 17 milioni.
Il centrocampo bianconero conta a disposizione di Allegri la conferma di Adrien Rabiot, Manuel Locatelli, Fagioli, Miretti, Nicolussi Caviglia, McKennie e l’incognita Pogba.
Certo, con solo 2 competizioni da giocare qualche scelta dolorosa andava fatta e qualcun’altro partirà in prestito (Nicolussi e Miretti su tutti) ma perché rinunciare ad un giocatore che avrebbe potuto dire la sua anche con la maglia della Juventus?
La risposta si trova nell’Allegri pensiero che per il suo centrocampo pretende maggiore fisicità anche a discapito della qualità di un calciatore più tecnico ma meno possente. Facciamo un passo indietro e torniamo al 2011 quando un giovane Massimiliano Allegri sedeva sulla panchina del Milan dopo l’esperienza da allenatore emergente al Cagliari.
Il mister livornese è un solido sostenitore del centrocampo roccioso a tre mediani. In chiave tattica l’arrivo di un giocatore esperto come Mark van Bommel in mezzo al campo è un acquisto più che mai azzeccato. Con la maglia del Diavolo la permanenza dell’olandese si può riassumere in una frase: un’avventura breve ma intensa. Ben presto a Mark vengono affidate le chiavi del centrocampo rossonero. Grazie alla sua grande abilità nei contrasti, conditi da entrate decise e grande personalità in campo, il Milan riscopre in van Bommel un nuovo leader. L’olandese diventa quindi il pilone davanti alla difesa rossonera costringendo alla panchina prima e all’addio poi un campione del calibro di Andrea Pirlo.
Da qui l’interesse della Juventus per Kessiè, centrocampista dinamico e di spessore internazionale che però ha scelto la ricca Arabia piuttosto che un ritorno in Italia.
Trovano infatti conferma sul mercato le candidature dell’acquisto di un nuovo centrocampista con caratteristiche fisiche ben precise come il giovane Diarra, il figlio d’arte Khephren Thuram, il granitico Sophian Amrabat o Thomas Partney.
Calciatori rocciosi con i quali Max vuole impostare il suo centrocampo insieme al fedelissimo Rabiot e in attesa di capire gli sviluppi del recupero di Paul Pogba.
Una scelta che potrebbe far storcere il naso a molti soprattutto perché comporta la rinuncia ad un calciatore italiano che sembrava pronto per abbracciare una sfida ambiziosa come quella che Rovella avrebbe potuto raccogliere con la maglia della Juventus.
E invece si consacrerà con la maglia della Lazio, allenato da un tecnico che fa del palleggio e dello scambio nello stretto il suo credo calcistico.
Non resta che sperare che il credo di Max ritorni ad essere una chiave per portare in bacheca dei trofei perché la terza annata senza titoli non verrebbe accettata dalla nuova dirigenza bianconera.