Con un gol per tempo la Juventus supera l’Udinese e prosegue la propria corsa verso il quarto posto. In attesa che l’Atalanta scenda in campo con l’Inter, i bianconeri agganciano la Dea e reagiscono dopo la sconfitta in Supercoppa. Analizziamo i principali filoni tattici del match della ventiduesima giornata di Serie A Tim.
APPROCCIO – Il 4-2-3-1 disegnato da Massimiliano Allegri è il nuovo schieramento tattico nato per sopperire all’assenza di Federico Chiesa. Vanno contemporaneamente in campo Kulusevski, Dybala e Kean. L’Udinese risponde con un 3-5-2 con Udogie e Soppy molto mobili nelle due fasi. Fin dal primo minuto di gioco si percepisce una diversa impostazione della gara. La squadra di Cioffi è più prudente e crea una folta linea a cinque in fase di non possesso abbassando i due laterali e rinforzando le zone esterne con i due interni di centrocampo in copertura sui terzini della Juventus. Allegri cerca, invece, il possesso palla e l’ampiezza e sgancia Cuadrado e Pellegrini per offrire ulteriori soluzioni di passaggio ad azione avviata. L’Udinese legge abbastanza bene i movimenti iuventini in mediana: Beto prende in consegna Arthur e ne limita il raggio d’azione e Bentancur si abbassa sul centro-destra, incaricandosi alla bisogna dei compiti di impostazione. L’uruguaiano disputerà una prestazione di sostanza e di personalità, riuscendo a guadagnarsi gli spazi e rubando agli avversari palloni sanguinosi, come quando offre a Dybala la possibilità di concludere dal limite di sinistra dell’area di rigore (tiro poi alto dell’argentino). La posizione in campo del numero dieci è molto interessante e si rivelerà risolutiva. Per pareggiare numericamente la prima linea di pressione a 3 della Juventus, Cioffi piazza Makengo in copertura su Bentancur. Dybala sarà bravo a sfruttare lo spazio alle spalle del calciatore dell’Udinese, agendo con frequenza in quella mattonella di campo.
LAMPI NELLA NOTTE – I bianconeri di Allegri trovano il vantaggio al 19′ con un’azione costruita per vie centrali. Arthur verticalizza per il movimento a venire incontro di Kean. L’azzurro trova la sponda di prima per Dybala -complice anche un rimpallo- e la Joya, solo davanti a Padelli, non manca l’obiettivo. La non esultanza dell’argentino, con sguardo in tribuna per un presunto amico (verificare che questi risponda al nome di Agnelli, Nedved o Arrivabene) farà discutere in merito ai cambiamenti contrattuali che la società torinese vuole imporre in sede di rinnovo al calciatore. Tornando alla partita, i padroni di casa saranno capaci soltanto a tratti di imporre il proprio gioco. La solita leggerezza ed un baricentro inspiegabilmente basso favoriranno la risalita dei friulani che si faranno vedere dalle parti di Szczesny seppur senza impensierirlo. Un atteggiamento rinunciatario è quello che si nota sin dalle prime battute del secondo tempo. Gli uomini di Allegri fanno fatica a far circolare la palla di prima e gli errori tecnici abbondano. Il tecnico livornese prova a dare una scossa ai suoi con una mossa che non gli si è vista fare quasi mai in stagione: quattro sostituzioni nei primi venti minuti della ripresa. De Sciglio e Morata danno qualcosa in più ma nel complesso la Juventus non convince. L’Udinese si dimostra viva nel reagire ed imbriglia la Vecchia Signora al centro. Allegri corre ai ripari con il cambio modulo: dal 4-2-3-1 si passa ad un più vivace 4-3-3 con Mckennie e Bentancur ad agire accanto al subentrato Locatelli. La mossa frutterà in quanto i padroni di casa ritroveranno una certa imprevedibilità nell’impostazione. E quando le geometrie riprenderanno a funzionare, ci penserà il texas-boy a chiudere l’incontro con uno dei suoi inserimenti: Dybala si abbassa per avviare l’azione e Mckennie va ad occupare lo spazio alle spalle delle punte. Ciò che non ha funzionato nella gara di Torino è, innanzitutto, la tenuta mentale della squadra. Spesso deconcentrati, i calciatori della Vecchia Signora, hanno commesso troppi errori tecnici banali oltre ad una passività che, contro altri avversari, può rivelarsi fatale. Il prossimo insidiosissimo ostacolo si chiama Milan. La spina non potrà essere staccata troppo presto se non si vorrà rinunciare alle ambizioni Champions.