L’avventura in Laguna riserva alla Juventus una battuta d’arresto che rischia di far allontanare il quarto posto a distanze non più percorribili. Una perla di Aramu in un secondo tempo di sofferenza inchioda i bianconeri sul pareggio. Analizziamo le principali chiavi tattiche della partita.
IL PRIMO TEMPO – “Non siamo stati bravi a portare i 3 punti a casa, serviva pazienza. Loro avevano due centrali ammoniti, dovevamo attaccare la profondità e non lo abbiamo fatto”. Max Allegri ha sintetizzato in maniera efficace il limite più grande della squadra a Venezia: una fatica crescente nell’attacco alla profondità per vie centrali, che poteva essere risolutivo della gara in ogni momento. Ma procediamo con ordine. Nonostante le assenze e lo stop di Dybala, che lascia il campo dopo 12 minuti, una certa intraprendenza aveva consentito ai bianconeri di trovare il vantaggio e mettere il match in discesa. Non era stata una Juventus arrembante ma aveva dato la sensazione di poter controllare il gioco nella metà campo avversaria. La squadra di Allegri trovava l’ampiezza necessaria a sviluppare la manovra mediante il gran lavoro di Luca Pellegrini, tra i migliori dei bianconeri, utile soprattutto nella fase di possesso. Il terzino italiano ha fatto partire cross interessanti, proponendosi di frequente in avanti. Gli scambi posizionali tra Bernardeschi e Morata costituivano una buona soluzione per trovare sempre l’uomo libero sul centro-sinistra. Ne è testimonianza la rete di Morata, orchestrata in gran parte dalla catena mancina. Bernardeschi difende spalle alla porta e scarica la palla all’accorrente Pellegrini ( il numero 17). L’ex Genoa punta Ebuehi e pennella il cross giusto per Morata che da rapace d’area taglia sul primo palo e batte Romero.
RIPRESA HORROR – Come troppe volte accaduto in stagione, quando la Juventus avrebbe dovuto imprimere al match il colpo di grazia, i bianconeri hanno smesso di giocare, abbassando notevolmente il baricentro e perdendo il controllo della partita. Una squadra schiacciata dietro ha preparato il terreno più fertile per le iniziative dei padroni di casa. Il Venezia sbucava da tutte le parti, faceva girare velocemente la palla e riusciva ad essere pericoloso tra le linee. La Juventus si dimostrava debole e confusa. Il giro palla veneto, invece, molto efficace. Una certa lentezza nelle uscite sulle seconde palle ha lasciato libero Aramu, l’uomo tecnicamente più dotato tra i tiratori avversari, che trovava il sinistro mortifero. Con gli ospiti in bambola, la squadra di Zanetti saliva in cattedra con fraseggi veloci, come la combinazione tra Busio e Aramu (l’azione immediatamente successiva alla rete del pari), neutralizzata soltanto grazie all’intervento decisivo di Pellegrini. La reazione arriva solo in parte, per lo più in modo frenetico, disordinato e inconcludente. Il risultato è un niente di fatto. O quasi. Ad un Morata ispirato ma solo faceva da contraltare un Kaio Jorge che ha stentato a guadagnare la mattonella corretta attorno alla quale agire. Gli altri interpreti del 4-2-3-1 non hanno brillato. Cuadrado e Bernardeschi svariavano molto ma peccavano di imprecisione al momento del primo controllo o dell’ultimo passaggio. Il che vanificava l’azione. L’ingresso di Bentancur per Bernardeschi ha reso inoperosa la corsia di sinistra. Allegri ha provato a fare densità al centro ma l’uruguaiano non ha mai saputo destreggiarsi nello stretto in un assetto tattico nuovo che non ha però modificato l’inerzia della gara. La Juventus stacca la spina con troppa facilità e non può permetterselo. Non ha la qualità tecnica e la sapienza tattica per abbassare i ritmi e tenere a lungo il possesso della sfera. La gara di ieri ha mostrato tutti i limiti anche mentali di questa squadra. La notte è fonda.