Quando al minuto 19 di un Juventus-Udinese il tuo calciatore più rappresentativo segna il gol del vantaggio e non libera l’adrenalina con l’esultanza, viene da chiedersi fino a che punto possa spingersi il muro contro muro tra le parti. Paulo Dybala ha sollevato lo sguardo al cielo e ha presagito poco bianconero nel suo futuro. Ciò che sarà del calciatore a giugno, quando il contratto che lo lega alla Juventus sarà ormai carta straccia, è una patata bollente il cui goffo tentativo di risoluzione passa attraverso i dispetti bambineschi, i messaggi più o meno velati ed una tensione che non fa bene né al gruppo squadra, né allo stesso calciatore. E che la Juventus non può permettersi. Non nella delicata situazione di classifica nella quale versa al momento.
Mettiamola in questi termini. La ricerca della felicità gravità intorno al concetto di amicizia. Dybala ha avviato le ricerche per il partner lavorativo del prossimo futuro. “Ha cercato me dopo il gol? No, di sicuro. Io ero a casa”, così Marotta ha sorriso a chi accostava il numero dieci alla sua Inter. Ha sorriso poco nelle scorse settimane Maurizio Arrivabene che non ha gradito i mal di pancia dell’argentino. Il suo sguardo burbero e impenetrabile è il biglietto da visita per il nuovo corso societario che la Juventus intende perseguire. E se Dybala vorrà vestire ancora il bianconero, dovrà contenere le alte pretese perché nessun calciatore deve porsi più in alto della Juventus. La linea sui rinnovi è tracciata, ogni spesa sarà sottoposta a vaglio critico. Non ci sono sguardi glaciali che tengano. Dybala dimostri sul campo di valere l’ingaggio che richiede. E come lui gli altri tesserati sui quali grava il lanciatissimo avvicinarsi alla scadenza di contratto. Da Cuadrado a Bernardeschi, passando per De Sciglio e Perin, la dirigenza valuta la giusta scarpa per ciascun piede. Che sia il sinistro meraviglioso della Joya poco importa. A Torino è tempo di rimettere l’interesse comune al di sopra dei capricci personali. Solo così può esserci un futuro.