La morte di Pelé ha lasciato un vuoto incolmabile nel mondo del calcio
MORTE – La fine di questo 2022 ha mietuto vittime illustri, soprattutto nel mondo dello sport. Un’ecatombe che culmina con il decesso di Edson Arantes do Nascimento, in arte Pelé. Il campione brasiliano combatteva da tempo con un tumore al colon e all’età di 82 anni ha dovuto arrendersi alla malattia. A poco più di due anni dalla scomparsa di Maradona, O’Rey lascia il suo regno e raggiunge il rivale-amico in un’altra dimensione.
BIO – Nato in una famiglia modesta, il Pelé bambino lavora come lustrascarpe per arrotondare. Suo padre è un calciatore e vuole dargli l’opportunità di giocare, ma mancano i soldi anche per acquistare un pallone. A 15 anni viene ingaggiato dal Santos e nel 1957 è già in pianta stabile con la prima squadra. Sin da subito dimostra un talento incredibile e stupisce gli addetti ai lavori. Tre mesi prima del suo 17esimo compleanno esordisce in Nazionale e trova il suo primo goal verdeoro contro i rivali argentini.
EROE NAZIONALE – Nel 1958 porta il Brasile sul tetto del mondo per la prima volta nella sua storia. A 18 anni non ancora compiuti, decide i quarti di finale con un goal contro il Galles e realizza una tripletta in semifinale con la Francia. Neanche i giganti padroni di casa, la Svezia del Gre-No-Li (Nordahl aveva lasciato la Nazionale dieci anni prima, ma Gren e Liedholm erano in campo) è riuscita a frenare il talento di O’Rey. Doppietta e vittoria schiacciante per cinque a due.
ALTRI MONDIALI – Nel 1962 si infortuna alla seconda partita, ma non viene fatto rimpiangere da Garrincha, Vava e Amarildo. Il Brasile vince ancora, vince anche senza Pelé. Nel 1970 prende per mano i suoi compagni e li conduce verso la terza vittoria nelle ultime quattro edizioni del Mondiale. In finale ha annientato l’Italia per 4-1. Burgnich, il difensore che ha tentato di marcarlo in quella partita, dichiarerà: “Prima della partita mi ripetevo che era di carne ed ossa come chiunque, ma sbagliavo”.
CLUB – La sua carriera è legata indissolubilmente al Santos, tranne per gli ultimi anni trascorsi al Cosmos, squadra statunitense. Tanti club europei hanno provato a ingaggiarlo, ma lo Stato brasiliano è intervenuto dichiarandolo “Tesoro Nazionale”, con lo scopo di evitare qualsiasi tipo di trattativa. A questo punto si potrebbe discutere se sia stato il giocatore più forte della storia, oppure se un altro può averlo superato. In questo contesto non è rilevante. Ciò che conta è celebrare una figura che trascende l’ambito sportivo e si colloca di diritto nell’olimpo degli dei. Un uomo che aveva nei piedi il potere di interrompere le guerre, come accaduto durante la guerra civile nigeriana, o almeno, così dice la leggenda. Un uomo che per decenni ha rallegrato, incantato, entusiasmato il suo popolo, e con esso, tutto il mondo. Buon viaggio O’Rey!