Le parole del terzino bianconero sull’addio al Milan e sull’approdo alla Juventus
LE DICHIARAZIONI – In una lunga intervista a Cronache di Spogliatoio, Mattia De Sciglio parla della sua esperienza in bianconero e dell’addio, in precedenza, con il Milan.
Sulla rottura con Montella:
“Alzo la testa e vedo che sulla lavagnetta luminosa c’è il numero 2. Il mio numero. ‘De Sciglio, esce De Sciglio’, sento gridare. Non ho molto tempo per realizzare, perché in quel preciso istante 70mila persone iniziano a fischiare. Fortissimo. Non capisco: sono stato dato in pasto ai leoni. «Perché cazzo mi sta cambiando?», non riesco a chiedermi altro. Al 70’, mister Montella decide di cambiarmi. Quella è stata l’inizio della fine. La situazione era già compromessa, ma in quel preciso istante l’acqua ha traboccato dal vaso ed è diventata benzina sul fuoco. I fischi sono talmente forti che non riesco a pensare. Mi siedo in panchina e vengo sopraffatto da vampate di calore, di rabbia. Ribollo. Ero stato gettato nel vortice, messo nel mezzo e dato in pasto ai tifosi per lavarsene le mani. Ero incazzato”
Sull’essere stato accerchiato dai tifosi:
“Raggiungo i miei genitori nel garage dello stadio, dove mi stanno aspettando per tornare a casa. Salgo in macchina e imbocchiamo il tunnel d’uscita. C’è un po’ di coda, mio padre frena e si mette in fila. Un tifoso, con in mano una birra e chissà quante altre bevute prima, si avvicina e grida: ‘Qui dentro c’è De Sciglio!’. Inizia a insultarmi, si crea un capannello di persone. ‘Vattene alla Juventus’. Mio padre scende dalla macchina e prova a calmarli, a fargli capire che non si può mortificare una persona. Niente, iniziano a spintonare. A quel punto non ci ho visto più. Buio, tutto nero. Sono sceso e ho fatto l’errore di reagire. Non sono riuscito a tenermi dentro tutte le emozioni negative che vivevo. Ho sbagliato, ma avevo visto i miei genitori tirati in mezzo a questa storia. Terribile“
Su mister Allegri:
“Il Milan era il mio caricabatterie, eravamo sempre connessi e stavo al 100% in ogni momento. C’era Boa, c’era Ibra, e soprattutto c’era il mister. Ecco, prima di parlarvi di Allegri, voglio dirvi una cosa: non sono il suo figlioccio. Il nostro è uno dei rapporti allenatore-giocatore più iconici degli ultimi anni, ma lui non mi ha mai favorito. Certo, ciò che è vero, è che tra noi è nato un legame speciale. Pretende tanto da me, e sono uno di quello che massacra di più. A lui piace dare nomignoli a tutti i calciatori, e quando vuole colpirmi nell’orgoglio mi chiama «Mangia e dormi”. Dice che sostanzialmente io mi alleno, mangio e dormo. Stop”
Sullo stile di gioco indotto da Allegri:
“Il suo pragmatismo viene visto come un difetto. In tanti si mettono negli occhi il bel calcio, guardano Guardiola e puntano il dito. Secondo me, Pep è una cosa a sé, unico nelle sue idee e nel modo di sistemare la squadra, di inventarsi i ruoli per certi elementi. La gente si è messa in testa che tutte le grandi devono giocare bene. Non voglio prendere le difese di Allegri, è il mio pensiero, ma è una contraddizione. In Italia si tende a guardare il risultato, poi però si parla del bel gioco. E tante volte, le due cose non vanno di pari passo”