Tra speranze, certezze e una finestra sul futuro: un breve confronto tra il tecnico rossonero, artefice di una rinascita ormai sempre più sotto gli occhi di tutti, e quello della Juventus, l’uomo che lavora ai fianchi.
Questa sera, il rettangolo verde di San Siro si appresta a mettere a confronto il Milan di Stefano Pioli, alla ricerca di punti per non vanificare la rincorsa all’Inter, e la Juventus guidata da Massimiliano Allegri, votata ad una vittoria che significherebbe costante principio di rimonta. C’è un dato, inoltre, che farà da padrone, con l’allenatore rossonero che sfida uno dei suoi tabù da quando fa il tecnico: contro Allegri, infatti, non ha mai vinto nei 18 precedenti tra i due, collezionando 4 pareggi e 14 sconfitte.
PIOLI: L’EROE CHE NON TI ASPETTI. Sin dal giorno del suo arrivo al Milan, nell’ottobre del 2019, Stefano Pioli aveva in testa delle idee molto chiare: «Voglio idee, intensità e spregiudicatezza», aveva detto al momento della presentazione. «Il calcio moderno è qualità e intensità. Vogliamo interpretare la fase difensiva come fosse una fase d’attacco, essere aggressivi in avanti e recuperare il pallone il prima possibile». Leggendo queste parole oggi, col senno di poi, possiamo dire che abbia realizzato i suoi propositi, andando anche ben oltre: ha raccolto il Milan dopo la tormentata parentesi Giampaolo e, vestendolo di una nuova identità, lo ha riportato sia sul podio della Serie A dopo otto stagioni, che, nonostante sia stata poi una breve parentesi, in Champions League. L’allenatore dà la sensazione di aver finalmente trovato un club deciso ad affidargli una squadra assemblata in maniera contemporanea e coerente, basata sulla crescita dei giovani e sulla valorizzazione del talento. I risultati raggiunti dopo un periodo di rodaggio iniziale e la crescita evidente di molti giocatori hanno spinto la dirigenza rossonera a puntare forte su di lui, concedendogli i mezzi, i giocatori e (soprattutto) il tempo necessari per sviluppare il suo calcio. Il tutto condito da una grande intelligenza dimostrata nella gestione del gruppo e nella capacità di mantenerlo coeso anche in condizioni di emergenza, con tante vittorie arrivate con anche cinque o sei titolari infortunati: sintomo di un’armonia profonda e di una grande chiarezza progettuale. La fulminea eliminazione dalla Champions League ha sicuramente ridimensionato gli obiettivi del Milan, che a questo punto della stagione è chiamato a non vedere naufragare troppo in fretta quel sogno scudetto che l’anno scorso è stato sfiorato più volte.
ALLEGRI: IL NORMALIZZATORE. Uno degli allenatori che più ha diviso, in quasi ogni stagione, la propria tifoseria: c’è chi lo considera uno dei migliori sulla piazza e chi invece gli attribuisce diversi limiti di campo. Massimiliano Allegri ha un approccio nel modo di intendere il calcio molto diverso da parecchi suoi colleghi ed è questo che fa nascere parecchie discussioni. Per quanto nel commento calcistico la “mentalità” sia spesso una figura retorica utilizzata per generalizzare e non entrare nell’analisi più dettagliata, è palese come il tecnico toscano miri a fare un determinato lavoro di testa sui propri giocatori, imponendo il proprio credo e convinto, come spesso ha sottolineato, che «l’aspetto psicologico è l’80% della prestazione dei giocatori». Anche quest’anno, in un girone d’andata per lunghi tratti sorprendentemente altalenante, ha continuato a difendere a spada tratta la sua linea del “restare sereni, non ingigantire le situazioni e pensare soltanto ad andare avanti, senza curarsi delle critiche circostanti”. Alla luce dei risultati dell’ultimo periodo potremo perfino azzardare che sia riuscito, almeno per ora, nel suo intento. Anche i suoi più accaniti detrattori, inoltre, gli riconoscono innate capacità dal punto di vista comunicativo: pesa molto le parole e in ogni conferenza sembra sempre in controllo della situazione. Dal punto di vista tecnico invece, per quanto versatili, le varie squadre di Allegri hanno specifiche comfort zone, in quanto sanno far (molto) meglio alcune cose di altre, segno di come sia l’ex Milan un allenatore bravo soprattutto a esaltare aspetti specifici. Se la fase difensiva è sempre stata un po’ il suo fiore all’occhiello, la pressione alta è sempre stata lacunosa a prescindere dalla rosa a disposizione, così come non sempre è fluida la fase di possesso (soprattutto in relazione alle potenzialità dei giocatori): tanta rigidità, poco movimento senza palla e discontinuità nel palleggio. Pertanto, ci sono molti aspetti da migliorare in questa Juventus, anche se lui, pur essendo senz’altro consapevole di ciò, risponde sempre col sorriso alle avversità. Il sorriso di chi la sa lunga e di chi spera di tentare un colpaccio ritenuto, fino a poche settimane, solo un’utopia.