L’ultimo caso riguarda i fischi ricevuti da Donnarumma nella sfida di Nations League di mercoledì scorso, ma in questo scorcio di campionato sono già numerosi gli episodi sgradevoli registrati che hanno per protagonisti i tifosi.
FISCHI – In principio era il fischio. Parafrasando il prologo giovanneo si può sostenere che il ‘fischiatore’ sia l’antesignano della moderna campagna di denigrazione portata avanti da alcuni elementi che ammorbano l’aria degli stadi italiani. Una campagna becera e meschina che assume sempre di più i contorni dell’ordinario: non c’è partita che passi senza macchia. Non si può parlare di un fenomeno passeggero o transitivo, perché il problema è annoso e incistato ormai in ogni realtà legata al tifo (organizzato e non), da Palermo a Torino. Le curve soprattutto, ma anche le gradinate e le tribune degli stadi sono diventate delle vere e proprie casse di risonanza del disagio sociale. Il problema non è di carattere sportivo – non si tratta più di fede calcistica o rivalità sportiva – ma prettamente sociologico. L’elemento umano che vive lo stadio come valvola di sfogo, proietta sul rettangolo di gioco tutta la propria rabbia, la propria frustrazione e lascia emergere tutta la repressione che si trasforma in bieca ferinità. Lo stadio non è una rage room e i giocatori non sono bersagli da distruggere. Questo purtroppo non è ancora chiaro a tutti e l’ultimo in ordine di tempo a farne le spese è stato Gigio Donnarumma. Il portiere azzurro del PSG, in campo a San Siro mercoledì scorso per la sfida di Nations League, è stato subissato di fischi dal suo ingresso in campo e per tutta la durata della partita. Un’atmosfera soffocante per l’estremo difensore che ha mostrato evidenti segni d’insofferenza durante la gara, collimati nella quasi papera sul tiro di Oyarzabal, sventato miracolosamente da Bonucci. La causa scatenante di questi fischi è la sua separazione brusca dal Milan: la decisione di andare a scadenza di contratto e liberarsi a zero in estate non è andata giù ai tifosi rossoneri. La cartina di tornasole di questo malcontento è lo striscione con cui è stato accolto al suo arrivo in città: “a Milano non sarai mai più il benvenuto”, che si aggiunge a quelli apparsi fuori da Milanello qualche mese fa. Sul primo c’era scritto “Donnarumma ingrato bastardo, fai più schifo di Leonardo” e sull’altro “Donnarumma: noi gli infami non li dimentichiamo…stai attento quando girerai per Milano”. Minacce, insulti e tanta irragionevole e miserevole violenza che va oltre l’ambito sportivo e sfocia in quello penale. Quella legata al portiere di Castellammare di Stabia è solo la punta di un iceberg che raggiunge profondità abissali.
CORI E INSULTI – Dusan Vlahovic, Mike Maignan e Kalidou Koulbaly, alcune delle vittime ‘celebri’ dell’onda razzista che sta travolgendo, sempre con maggior forza, il calcio italiano. Per l’attaccante della Fiorentina l’incubo si è consumato nella partita giocata a Bergamo contro l’Atalanta, nello specifico nel post-partita, quando si è presentato ai microfoni dei giornalisti: i tifosi di casa – risentiti dalla sua doppietta – hanno iniziato ad intonare il coro “zingaro, sei uno zingaro”. Lo stigma dell’ex Partizan sarebbe dunque la sua origine serba, mentre lo stigma del portiere del Milan e del difensore del Napoli sarebbe il colore della pelle. Il numero 16 rossonero è stato pesantemente insultato durante la sfida dell’Allianz Stadium contro la Juventus. L’autore degli insulti è stato identificato e denunciato per istigazione all’odio razziale dalla Digos di Torino. Situazione analoga per Koulibaly, che nel finale di Fiorentina-Napoli ha ricevuto insulti e minacce di ogni risma. Anche in questo caso l’autore è stato identificato e condannato: divieto d’ingresso a vita al Franchi, con possibile estensione a tutti gli impianti di Serie A, qualora venissero inasprite le sanzioni in tema di razzismo. Tre casi che testimoniano tre forme di vigliaccheria, che meriterebbero di essere relegate nell’alveo dell’ignoranza e della criminalità, ma che in realtà sembrano aver dato la stura a comportamenti ed episodi simili e affini. Parlare di criminali non è sbagliato né tantomeno esagerato. Il calcio è, ma soprattutto diventerà col passare del tempo e in modo crescente, uno sport solidale e inclusivo e il lavoro fatto fino ad ora non può essere inficiato in questo modo. Un consiglio per il sistema calcio italiano: prima di rifare gli stadi bisogna ripensare i tifosi.