L’analisi di ciò che è successo ieri sugli spalti di Italia-Spagna
RAZZISMO – Il proverbio “Si raccoglie quel che si semina” ha origini bibliche e questo ci aiuta a comprendere quanto poco tempo ci abbia messo l’uomo per capire il concetto di consequenzialità. Ogni azione corrisponde a delle conseguenze dal quale difficilmente ci si può sottrarre. Ieri Donnarumma è stato fischiato per tutta la partita, a partire dall’annuncio delle formazioni fino al suo rientro negli spogliatoi dopo il fischio finale. Nel post gara si sono sprecate le polemiche a riguardo, con addetti ai lavori e giornalisti anche molto rilevanti che hanno contestato l’atteggiamento del pubblico, paragonandolo agli ululati e ai commenti razzisti. Niente di più incorretto e fazioso. Tutti i cori razzisti si basano su una pregiudizialità dovuta al colore della pelle o all’etnia di provenienza e cioè, a caratteristiche ontologiche che non possono essere in alcun modo condizionate dal comportamento di un individuo. Questi aspetti non possono e non devono essere causa di discriminazione, per lo meno non nel terzo millennio. Dunque è giusto ribadire che chi pronuncia cori razzisti negli stadi merita il Daspo a vita, ed è altrettanto giusto esprimere solidarietà a Maignan, Koulibaly e tutti coloro che hanno subito episodi discriminatori da parte delle tifoserie.
CASO DONNARUMMA – Ma ora passiamo a ciò che è successo ieri. Le contestazioni nei confronti dell’attuale portiere del Psg derivano dal suo comportamento poco corretto verso il Milan, il club che gli ha dato tutto, e soprattutto verso i suoi ex supporters. Nessuno può criticare la sua scelta di vita, ben diverso è il discorso sulle modalità con cui quella scelta è arrivata. Sono stati anni di continui tira e molla per strappare contratti sempre più corposi, ma anche anni di silenzi e di mancate prese di responsabilità. Ha scelto di arrivare a fine contratto e non far guadagnare nulla al club che qualche anno prima ingaggiò il fratello maggiore a 1 milione annuo pur di trattenerlo in rossonero. Si è sempre nascosto dietro al suo procuratore Raiola, fino a quando Maldini non si è stancato di attendere segnali che non sarebbero mai arrivati. Dunque, chi paragona questa situazione ai cori razzisti è semplicemente in malafede.
NAZIONALE – Dopodiché entra in ballo la questione etica legata alla Nazionale: aveva senso contestare Donnarumma durante una semifinale dell’Italia? Razionalmente la risposta è no, ma non si può giocare troppo a lungo con i sentimenti della gente. Davanti a una grande delusione non è da tutti utilizzare l’arma dell’indifferenza. La quasi totalità dei calciatori cambia casacca, eppure molti continuano a essere apprezzati dopo un trasferimento. Gigio è sempre stato libero di scegliere il suo futuro e gli si augura una fiorente carriera, ma chiunque semini malcontento non può che raccogliere fischi. Con questi paragoni insensati si tende a minimizzare il razzismo oppure a rendere gravi, atteggiamenti che non hanno nulla di discriminatorio. Gettare situazioni così diverse in un unico calderone colmo di disprezzo, non aiuta a eliminare quei tratti cancerogeni della mentalità all’italiana dentro cui trova spazio l’atteggiamento razzista. E così non cresceremo mai.