Gli otto successi consecutivi della Juventus hanno soltanto spostato l’attenzione da problemi ormai irrisolti
SITUAZIONE – Vivere ogni istante avendo piena consapevolezza dei propri pregi, ma soprattutto dei propri limiti. Questa è l’amara riflessione post Napoli-Juventus, l’ultima di Andrea Agnelli da presidente bianconero, ormai giunto alla constatazione di non poter fare più nulla per cambiare il destino di una squadra che lui ha costruito e che lui stesso ha contribuito a smontare, come in un puzzle nel quale sono stati sbagliati troppi tasselli. Il 5-1 del Maradona è un k.o. che fa male, specie perché ha evidenziato una differenza gigantesca tra le due squadre sotto ogni punto di vista. Atteggiamento, dedizione, lucidità, concretezza, scelte tecniche. Non c’è mai stata partita, anche perché il Napoli ha avuto il pallino del gioco per quasi tutto il match, annichilendo completamente la squadra di Allegri che, dopo gli otto successi consecutivi, d’improvviso si è riscoperta piccola e fragile. Gli interrogativi sono tanti. Una serata storta può capitare a tutti, giusto? Oppure: non è che le vittorie degli ultimi mesi sono state merito della dea bendata? E’ lecito farsi qualunque tipo di pensiero, ma la verità resta una soltanto purtroppo. La Juventus esce dal Maradona con la sensazione chiara di una netta inferiorità al cospetto di un Napoli sempre più dominante, cinico e aggressivo: una manifestazione di superiorità talmente schiacciante che ha seppellito anche l’argomento che aveva tenuto banco nelle scorse settimane, cioè la capacità dei bianconeri di far “stancare” inizialmente l’avversario, concedendogli anche qualche occasione in più del dovuto, per poi colpirlo senza appello nei minuti finali. Non c’è alcun dubbio che la teoria del corto muso fin qui abbia prodotto i suoi frutti, ma il pragmatismo di Allegri nasconde dei mali, ormai ben noti a tutti, che non è possibile risolvere in così poco tempo, ma che invece necessitano di una rifondazione totale. Se la Juventus è riuscita a risollevarsi dal baratro in cui rischiava di cadere con tutte le scarpe, è stato soprattutto merito di un gruppo che ha saputo compattarsi trovando il coraggio e la determinazione di uscire da una situazione divenuta insostenibile. I problemi, però, restano: filosofia calcistica, condizione fisica, atteggiamento remissivo, identità oscillante sono tra gli aspetti da rivedere e che, partita dopo partita, tornano spesso a galla nonostante tutto. La speranza è che la dirigenza in arrivo disegni la strada giusta, e più opportuna, da intraprendere per restituire nuova vita, ma soprattutto un senso ad una squadra che ormai, oltre all’orgoglio, riesce a mettere in mostra ben poco se non delle crepe incolmabili.