Il tecnico livornese ha schierato 12 formazioni diverse in altrettante partite di Serie A, ricalcando l’operato del suo predecessore Andrea Pirlo.
MAI UGUALI – La Juventus non ha una formazione tipo ormai da anni. L’ossatura della squadra è rimasta più o meno la stessa, nonostante i continui piccoli cambi nei vari reparti. Allegri sta seguendo le orme del tecnico bresciano, che ha chiuso la stagione scorsa con 38 formazioni diverse in 38 giornate di campionato. Questo comporta un vulnus a livello identitario: la squadra – rispetto alle altre big di Serie A – non ha ancora trovato un assetto specifico, ma risulta in pieno rodaggio. Questo comporta un dispendio a livello mentale importante, sia per l’allenatore che per i giocatori, che difficilmente si abituano ai continui stravolgimenti di formazione. Anche i club che in questo momento lottano per lo scudetto cambiano spesso, per un massimo di quattro elementi a partita contro i 6/7 dei bianconeri. Questo influisce eccome. Soltanto un’altra grande ha cambiato volto in ogni sfida di campionato: l’Atalanta di Gasperini, che – a differenza della Vecchia Signora – si nutre di questo e ha natura proteiforme. Gli orobici vivono il trasformismo come un punto di forza, soprattutto perché in questo modo non danno riferimenti agli avversarsi. I giocatori che subentrano o sostituiscono i ‘titolari’ sono allo stesso livello, se non qualitativamente superiori. La Juventus deve trovare uniformità e stabilità al più presto, per gli esperimenti c’è sempre meno tempo.