Le parole di Arrigo Sacchi sull’eliminazione di tutte le italiane dalla Champions
LE DICHIARAZIONI – Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Arrigo Sacchi dice la propria opionione, dopo la dodicesima stagione consecutiva in cui la Champions League chiude la porta alle italiane.
Sul calcio italiano:
“A questo punto bisognerà farsi una domanda e cercare di trovare rapidamente una risposta. Il calcio italiano ha compiuto un autentico miracolo vincendo l’Europeo, anche perché il successo è arrivato attraverso un gioco innovativo e coraggioso. Ma le squadre di club, a parte qualche “piccola” che si dà da fare, pensano sempre al vecchio ‘primo non prenderlo e poi si vedrà’. Così non si costruisce un’identità europea”
Su Juve–Villarreal:
“La traversa di Vlahovic è stata clamorosa. E a conti fatti il risultato è esagerato. Però, per arrivare lontano in Europa bisogna fare qualcosa di più e lo dico sia alla Juve sia al Villarreal”
E’ stata una partita molto tattica?
“Molto tattica e con poche emozioni, poco ritmo, poco pressing. Sia la Juve sia il Villarreal, si vedeva lontano un miglio, pensavano prima di tutto a non prendere gol. Ma così facendo non si va lontano. Tutt’e due speravano in una ripartenza improvvisa, nel colpo di un singolo e in un calcio piazzato che poteva mandare in crisi gli avversari”
Sembra che l’interpretazione della partita non le sia piaciuta:
“Decisamente no. Per me il calcio non è questo, sono convinto che sia stato fatto un passo indietro. Se non ci sono innovazione, coraggio e conoscenza non si può pensare di giocare bene. E io non ho visto né coraggio, né innovazione, né conoscenze”
Eppure, ultimamente, pareva che la Juve stesse uscendo dal percorso dell’italianismo:
“È vero, ma quando per trenta giorni ti comporti in un modo, va a finire che non cambi neanche al trentunesimo giorno… La Juve aspettava la prodezza del singolo oppure l’errore dell’avversario. E anche il Villarreal ha fatto la medesima cosa. Allegri ed Emery si sono mossi da tattici, e tra i due tattici ha vinto Emery. Lo conosco dal 2005, da quando allenava una squadra di Segunda Division in Spagna e io ero direttore tecnico del Real Madrid. Dissi ai dirigenti di Florentino Perez di seguirlo, perché aveva delle potenzialità. Però devo ammettere che contro la Juve è stato troppo tattico, poco coraggioso, nonostante il risultato sia a suo favore e abbia superato il turno in trasferta”
Cosa avrebbe dovuto fare la Juventus?
“Servivano più intensità, più ritmo. Nel primo tempo Vlahovic e Morata avevano dimostrato di essere superiori ai difensori spagnoli. Sia in velocità sia nel gioco aereo. Mi aspettavo che nella ripresa si insistesse di più su questo aspetto. Invece, appena tornati in campo dopo l’intervallo, si è pensato subito a non voler rischiare e a sperare in un contropiede”
E’ giusto dire che la Juventus non è una squadra di livello internazionale?
“I risultati e anche le prestazioni dicono questo. Ma io mi chiedo: quanti soldi sono stati spesi? Siamo sicuro che questo progetto vada bene? Adesso parlo in generale e penso a tutto il calcio italiano: vi pare normale che nelle squadre i calciatori stranieri siano il 70 per cento e gli italiani il 30 per cento? Le colpe sono di tutti, dei dirigenti, dei media, degli allenatori. Nessuno va escluso, ognuno ha le sue responsabilità. Ma a me interessa trovare una via d’uscita, perché è fuori dalla logica che l’Italia non vinca la Champions dal 2010”