La Juventus porta a casa la vittoria nella gara che chiude il girone H. Il contemporaneo pareggio del Chelsea a San Pietroburgo regala ai bianconeri il primo posto del raggruppamento. Più che la partita di Torino, estremamente povera di emozioni, la serata europea assume connotati positivi per il risultato acciuffato dallo Zenit che relega i campioni d’Europa in carica al secondo posto del girone.
TURNOVER E POCA QUALITA’ – Il Malmoe, fresco campione di Svezia, dimentica i festeggiamenti e scende in campo con un ordine tattico che non aveva mostrato nel match d’andata. Ranghi serratissimi, grande copertura e un attendismo di fondo sono stati i cardini attorno ai quali si è sviluppata la partita degli ospiti. Di contro, il modulo atipico disegnato da mister Allegri poteva, almeno sulla carta, fornire spunti interessanti. Ma il campo ha parlato una lingua diversa. Far giocare Rabiot e Bentancur a piedi invertiti ha accentuato i limiti del duo franco-uruguaiano nella gestione della manovra e nella circolazione di palla. Bernardeschi ha confermato che da esterno può essere un jolly importante nel mazzo bianconero. Con una formazione rimaneggiata, ci si aspettava una più pronunciata leadership da parte di Paulo Dybala. Il “tuttocampista” argentino ha agito molto lontano dalla porta in un ruolo che ha completamente disinnescato il suo estro. A tutto ciò si aggiunga la pancia piena di una qualificazione già ottenuta e quel che viene fuori è una gara che non ha entusiasmato per ritmi e soluzioni tattiche. La manovra passava dai piedi di Dybala che ha toccato molti palloni cercando di illuminare il possesso della Juventus: importanti i suoi movimenti senza palla che dettavano il passaggio ai compagni. Il numero dieci ha inciso comunque poco negli ultimi metri con rare giocate risolutive in avanti. Tuttavia, la presenza di Dybala in campo si è rivelata decisiva: con la sua uscita a fine primo tempo, la squadra ha perso fluidità di manovra, con reparti sfilacciati e più difficoltà nel connettere i giocatori.
NOTE STONATE – La poca qualità in mediana è stata lampante: le due mezzali, Bentancur e Rabiot, alle quali è stato chiesto di scambiarsi frequentemente di posizione, da sinistra a destra e viceversa, hanno interpretato il compito tattico con buona abnegazione ma quando quel lavoro li portava a concludere in porta, l’esito non è stato soddisfacente. Bentancur, in particolare, ha sbagliato tanto tecnicamente e rallentato costantemente la manovra. Morata, in coppia con Kean, ha faticato tanto, con non pochi limiti nell’affiatamento di reparto. Lo spagnolo si trova in uno stato psicofisico non buono. Allegri gli ha chiesto sacrificio e lui ha eseguito anche se forse il lavoro di cucitura non si addice alle sue caratteristiche e allo stato di forma di questo periodo. Crescevano infatti i palloni persi e le buone occasioni sciupate.
NOTE POSITIVE – In una serata piuttosto opaca, non mancano però le indicazioni positive. Una su tutte la prestazione di De Winter. A diciannove anni, è il più giovane di sempre nella Juve a partire titolare in Champions. Il ragazzo non demerita e conduce una partita ordinata. Con un pizzico di intraprendenza ulteriore avrebbe forse potuto lasciare ancora di più il segno. De Winter farà strada, ha soltanto bisogno di fiducia e di scrollarsi di dosso l’emozione del debutto in un match di Champions League. Tra le note liete segnaliamo la gara di Bernardeschi e il copione tattico che egli sembra recitare alla perfezione. L’ex viola alternava la posizione di esterno (soprattutto nel primo tempo) a quella di trequartista (maggiormente nella ripresa con l’uscita di Dybala). L’assist di esterno sinistro è un dolce invito che Kean non fallisce. Il ruolo di trequartista rende Bernardeschi meno incisivo, complice anche la poca precisione nella ricezione degli ultimi metri e le polveri bagnate di Morata e Kean. Alla fine, l’1-0 dei bianconeri regge e nel finale giunge anche la gioia inaspettata del primato nel girone.