Con un pizzico di fortuna i bianconeri si mettono alle spalle un insidioso Sassuolo e guadagnano l’accesso alle semifinali di Coppa Italia. Non è convincente la prova fornita dalla Juve fino al cambio di modulo.
VECCHI PROBLEMI – Come troppe volte si è verificato in stagione, la Juventus ha mostrato evidenti difficoltà nella gestione del giro palla e dei ritmi di gioco. A una partenza arrembante, è seguito un progressivo declino della concentrazione e un rovinoso cullarsi sul primo vantaggio. Il 4-2-3-1 disegnato da Allegri non ha garantito tenuta nel lungo periodo e ha costretto il tecnico a ripensare la formazione a gara in corso con due cambi che si riveleranno decisivi. Il modulo di partenza, con Mckennie largo a sinistra e Cuadrado e Dybala a sostegno di Vlahovic non riesce ad incardinare il gioco intorno alla punta centrale, spesso isolata e accerchiata da maglie avversarie. L’avvio di gara sembrava però incoraggiante. La posizione di Mckennie e la sua abilità negli inserimenti costituivano il presupposto tattico di primo piano: il suo raggio d’azione, defilato ma con licenza di accentrarsi, mandava fuori di giri il settore di destra del Sassuolo. Ne ha giovato Alex Sandro, autore di un primo tempo che ha restituito all’ambiente quel pimpante terzino di spinta che tanto bene aveva fatto al suo arrivo a Torino. Non é un caso che il primo gol maturi da un suo strappo dal lato mancino, dal solito inserimento in area di Mckennie e da un Dybala pronto a schiacciare in rete il sinistro dalla stessa mattonella dalla quale l’argentino punica lo Zenit. La brillantezza dei padroni di casa si esaustiva dopo pochi minuti e la manovra avversaria si faceva via via più convincente. La mediana nero-verde, forte della superiorità numerica nei confronti del suo Zakaria-Arthur, creava frequenti pericoli alla difesa bianconera. Dalle numerose azioni da gol della squadra di Dionisi, ben si intuisce quanto sia stata brillante la produzione offensiva ospite.
IL MORATA DELLA PROVVIDENZA – Per capovolgere l’inerzia di una gara complicata, mister Allegri ha ricostruito il tridente d’attacco della sfida al Verona. L’ingresso di Morata per De Sciglio è di Locatelli per Zakaria metteva in luce quanto forte fosse il desiderio di accouffare la qualificazione senza passare dalle fatiche dei supplementari. Il cambio di modulo sortirà i suoi effetti. Crescevano, infatti, nel numero è nella qualità le occasioni da rete della Juventus (due pali all’attivo ed almeno tre interventi di Pegolo). Locatelli ha approcciato alla gara con la sua ex squadra con il piglio di chi sa prendere per mano il centrocampo e trasformare istanze precarie in solide certezze. La squadra di Allegri recuperava consapevolezza nei propri mezzi tecnici ed offriva agli interpreti avanzati maggiori possibilità di incidere nella partita. Prova ne sia la prestazione di Vlahovic: il centravanti serbo comincia a graffiare sfruttando l’intesa con Morata. E così l’ex Fiorentina riscattava una prestazione opaca con il dribbling finale ai danni di Muldur e una carezza della Dea bendata per la carambola decisiva. Non è stata una Juventus esaltante. Lacune evidenti nella gestione della partita vanno segnalate ed analizzate con lucidità. Meglio il tridente con Morata che le soluzioni tattiche improvvisate della prima frazione di gioco. Domenica l’Atalanta in un confronto diretto che i bianconeri possono fare proprio con il carattere e la qualità della grande squadra.