Le parole dell’ex difensore della Juventus.
DICHIARAZIONI – Sergio Brio, intervistato da Tuttosport, ha analizzato il brutto momento in casa Juventus indicando le possibili strade da percorrere per uscire da questa crisi. Di seguito le dichiarazioni rilasciate dall’ex difensore bianconero:
“Qualche giocatore pecca in personalità: un campione, per essere completo, deve possedere tecnica, testa e grinta, invece alla Juventus c’è gente che, di fronte ai fischi dei tifosi, va in affanno e ha persino paura di passare la palla. Anche la mia Juve ha vissuto momenti difficili, giocavamo con le camoniette della polizia a bordo campo per via delle contestazioni, ma tiravamo fuori gli attributi. Come se ne esce? Soltanto da squadra, con il collettivo. Bisogna reagire, fare gruppo, non sentire le voci, concentrarsi sul campo e lavorare sodo, sacrificando anche la vita privata. I senatori devono farsi sentire nello spogliatoio, ma lo spirito Juve bisogna sentirselo dentro. Per carità, nulla è compromesso, però quella vista a Monza non è la Juve. È vero, siamo a inizio campionato, la squadra è cambiata tanto, deve ancora trovare l’alchimia, è vero che alcuni giocatori con il fisico più possente, come per esempio Vlahovic, ci mettono più tempo per entrare in forma, è vero che ci sono stati tanti infortuni – da Pogba a Chiesa – che hanno fatto saltare i piani di Allegri, costringendolo a mandare in campo dei ragazzini, che comunque si sono comportati bene. Non sono alibi, ma circostanze che pesano. Se poi i campioni deludono e rendono meno di quanto ti aspetti, allora vai in difficoltà, se la squadra è carente da un punto di vista psicologico, va in crisi. E anche Allegri ci ha messo del suo, facendo tanti errori, non ultimo aver tolto Milik, l’unico che si era reso pericoloso, contro il Benfica. Però io sostengo che i giocatori devono fare i giocatori e non si possono sostituire al tecnico: Di Maria si poteva risparmiare il siparietto in Champions, quando è andato a chiedere all’attaccante polacco perché è stato sostituito. Vista la sua esperienza, sa che ci sono mille telecamere e che di lì a qualche minuto quel colloquio sarebbe finito sul web. Un giocatore non deve intercedere pubblicamente con il lavoro dell’allenatore: semmai glielo dice privatamente, lontano da occhi indiscreti, perché altrimenti mette in difficoltà il tecnico”.